Vittoria e Violenza – A conclusione della rassegna cinematografica riflessioni di Rita Marcucci

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Termina domani mercoledì 5 Marzo la nostra rassegna cinematografica dedicata alla Giornata della Memoria 2014.

Sarà sul nostro schermo una pellicola dei fratelli Taviani, ‘San Michele aveva un gallo’, il tema è quello dell’anarchia, la teoria politica che fonda l’organizzazione sociale sulla libertà e autonomia degli individui, senza alcuno stato, da ana-archè, senza-potere, in greco. Non è mai stata a ben vedere l’anarchia la risposta giusta allo strapotere, forse proprio per la sua contraddizione in termini; se vuoi abbattere lo stato qualche tipo di potere dovresti averlo e invece gli attacchi dinamitardi che coinvolgono innocenti, non distruggono un governo reazionario, semmai lo irrobustiscono.

Ma su questi argomenti è anche giusto che ognuno conservi le proprie convinzioni, è però il caso di condividere almeno la consapevolezza che la violenza – che sia alle donne, come nel caso del bellissimo film di Bergman, ‘La fontana della vergine’, ad apertura delle serate per cinefili, o violenza ‘lecita’, quella fra soldati, nel film proiettato proprio il 27 Gennaio giorno della memoria,‘No man’s land, di Danis Tanovic, o violenza contro gli ebrei, dell’ultima commovente proiezione, ‘Jona che visse nella balena’, di Faenza – se anche, scusate un’ulteriore digressione da etimologista, è dal latino vire, cioè violare, parte prima da vis, ancora latino, cioè forza.

Per questo alcuni, i nostri funamboli del film di Carnè ‘Gli amanti perduti’ per esempio, o gli stralunati Don Quijote e Sancio, non hanno retto al confronto con un mondo che richiede l’uso della forza e sono diventati evanescenti come sogni e ci parlano ormai solo dallo schermo o dalle pagine di libri nei quali i loro cuori si sono rifugiati, alieni o disgustati addirittura, da sentimenti vittoriosi.

Vittoria guarda caso, nella mitologia greca, era la figlia di Stige, un fiume infernale e di Gea, e sua sorella era proprio la Violenza.

Che allora il messaggio dei nostri film è che per stare in pace si debba stare sempre dalla parte dei perdenti, per essere sicuri di non far male ad alcuno? Forse, però permettetemi un ultimo commento, e poi saranno le immagini del nostro schermo a parlare domani, e speriamo vivamente anche in futuro. Il verbo perdere, interessantissima etimologia, è dal latino dove quel prefisso per– indica vanamente, e –dere altro non essere che un cosiddetto accorciamento del verbo dare. In altre parole si perde quando non riusciamo a dare, forse con calore, o con affetto o perché ci aspettiamo qualcosa indietro… Ma quel per- che indica ‘vanamente’ in latino, viene dalla parola  pari, cioè uguali. E se non vi è l’eguaglianza, e si preferisce perdere… beh a volte è anche quella una vittoria.


DA   da esserebeneessere

 

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