Il dibattito sulla formazione del governo e del programma: Il pensiero del Sen. Ferdinando Signorelli

SEN. SIGNORELLI: “ORMAI SIAMO UNA REPUBBLICA PARTITOCRATICA”

da newtuscia.it 18/02/2014 : 09:01

(NewTuscia) – VITERBO – Per Politica si intende la funzione svolta dai rappresentanti della res publica, scelti per il buongoverno della Polis, con ciò esprimendo la comunità dei cittadini.

La Democrazia è il potere esercitato dal popolo sovrano attraverso la elezione dei suoi rappresentanti che lo governeranno.

In Italia vige il sistema della democrazia parlamentare basato sul “bicameralismo”, consistente nella divisione dell’organo in due camere, la Camera dei Deputati e il Senato, nelle quali vengono eletti i candidati scelti tra le varie liste dei partiti. Le Camere hanno la prerogativa di eleggere a loro volta gli organi costituzionali previsti dalla Carta Costituzionale: il Presidente della Repubblica, i Presidenti di Camera e Senato e il Governo. Secondo la Costituzione repubblicana, che in tal senso è esplicita, i governi si formano e si sciolgono all’interno delle Camere.

Nel momento in cui stiamo scrivendo assistiamo, invece, ad uno stravolgimento di queste regole, in occasione dell’attuale crisi dell’Esecutivo, la quale è nata e si sta risolvendo all’interno di una sede extra-parlamentare qualè quella della Direzione Nazionale del PD.

Essa si è elevata a rango di una terza Camera parlamentare, nella quale si è così consumato il premeditato scambio della poltrona di Primo Ministro tra Letta e Renzi, con la precostituita acquiescenza del Presidente della Repubblica, cioè del massimo organo garante della legalità repubblicana.

Potremmo dire in maniera più esplicita che si è trattato di una crisi pilotata all’interno del palazzo.

Non che si sia realizzato uno scisma ma un precedente assai pericoloso sì e lo scisma essere solo rinviato.

Il Paese reale ne prenda atto insieme alla evidenza che il naturale baricentro della politica ha preso la strada del regime partitocratico. Un potere trasversale ad alcuniloci istituzionali e ai cosiddetti “poteri forti”, che sono la espressione di un sistema globalizzato e internazionale delle banche, della finanza, dell’economia, dei mercati e di circuiti dell’informazione. I suoi complessi tentacoli si sono infiltrati nel tessuto sociale ed economico italiano fino a determinarne il progressivo dissesto. Non bisogna essere dei visionari qualora si arrivi a sospettare legami con le varie mafie.

Crisi. Crisi economica, finanziaria, sociale ed infine istituzionale: si è andata così completando la temibile tetralogia del default, cioè del punto di non ritorno sotto gli occhi, non vogliamo dire compiaciuti ma certo non lacrimanti di tutte quelle eccellenze economiche, finanziarie, bancarie e politiche di cui sono pieni i palazzi del potere soprattutto di quei consulenti e consiglieri più o meno bocconiani, rigorosamentepolitically correct, accreditati presso il grande giro bancario occidentale.

Il profetico Andreotti può ora dormire più tranquillo: il suo famoso assioma, “il potere logora chi non ce l’ha” ha prodotto i suoi effetti finali e dovremmo dire previsti. Lo certificano i dati statistici e le notizie dei vari declassamenti che l’Italia subisce ogni giorno come i bollettini di una guerra perduta in tempo di pace.

Parliamone chiaro: dopo tutto questo tragico inganno, non è accettabile il paragone fatto dal presidente Giorgio Napolitano nel messaggio augurale agli Italiani di fine anno, quando affermava che l’Italia oggi sta attraversando la più grave crisi dopo quella della fine della guerra. E’ una confessione, un lapsus freudiano o un insulto?

Secondo noi, tutte e tre le cose poichè la guerra è terminata da quasi settanta anni, cioè tre generazioni fa e, dato che il Presidente se ne intende, ci troviamo proiettati indietro al tempo delle macerie e della miseria post-bellica, chiamati a pagarne i debiti.

In conclusione si può ricapitolare la situazione italica con una semplice tabella di dati tragicamente significativa:

– un italiano su quattro vive nel disagio;

– quattro milioni di italiani vivono al limite della povertà;

– quasi cinque milioni sono al di sotto di questo limite, cioè alla miseria.

Meglio stanno solamente quelle varie migliaia di ricchi che diventano sempre più ricchi: indovinate chi sono e dove stanno.

Dobbiamo ora chiederci se il nostro è tuttora un popolo di santi, poeti e navigatori. Se così fosse, come io credo, siamo chiamati ad opporci al potere caino non con la violenza della rivoluzione ma con l’affermazione di una Nuova Rinascenza, tanto necessaria quanto attesa, basata sul patrimonio dello Spirito, della Tradizione, dell’Umanesimo, sintesi di tre millenni di civiltà.
Sen. Ferdinando Signorelli

 

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