Armi chimiche, allerta sismica a Gioia Tauro

17.01.2014

La conferma dell'allerta sismica sulla rete di monitoraggio internazionale

La conferma dell’allerta sismica sulla rete di monitoraggio internazionale

Il porto calabrese di Gioia Tauro, scelto per il trasbordo delle armi chimiche siriane, è al centro di una zona in piena allerta sismica. Ed è anche esposto al rischio tsunami: l’ultimo, provocato da una frana sottomarina, risale al 1977. La decisione del ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, e del ministro degli Esteri, Emma Bonino, ha dunque un alto margine di rischio che non è stato tenuto in considerazione. L’operazione di trasbordo dei 60 container con 500 tonnellate di agenti tossici “sarà condotta con la ricerca della massima sicurezza”, ha dichiarato il ministro Bonino. Evidentemente il governo italiano non ha valutato i dati scientifici in possesso della Protezione civile o la Protezione civile non li ha messi a disposizione del governo.

Il porto di Gioia Tauro

Il porto di Gioia Tauro

I container, come ha annunciato Lupi, saranno trasbordati da nave a nave senza lo stoccaggio a terra. Ovviamente perché questo avvenga ogni container sarà sollevato dai macchinari del porto. Le gigantesche gru delle banchine trasferiranno così il carico dal ponte del cargo danese Ark Futura a quello della nave militare Usa Cape Ray, sulla quale verrà eseguito il processo chimico di inertizzazione delle sostanze. Secondo la classificazione sismica pubblicata dalla Protezione civile, Gioia Tauro ricade in zona 1, così definita: “E’ la zona più pericolosa, dove possono verificarsi forti terremoti“.

Il Comune di Gioia Tauro sul sito della Proteziione civile

La classificazione sismica di Gioia Tauro sul sito della Protezione civile

Per Gioia Tauro questo periodo non è solo una questione di pericolo generico. Su una vasta area che comprende la Calabria e parte della Sicilia orientale dal primo gennaio 2012 è infatti scattata un’allerta sismica per scosse superiori a 5.6 di magnitudo, che storicamente nella zona hanno raggiunto e superato intensità 7. Non è una previsione in grado di stabilire con precisione chilometrica dove e quando avverrà il prossimo terremoto distruttivo. Ma è una predizione giudicata dagli scienziati sufficientemente attendibile per mettere in guardia la Protezione civile e preparare le autorità locali e nazionali ad affrontare il peggio. Questo, ad esempio, dovrebbe indurre a evitare di aggravare il territorio con ulteriori pericoli, come il trasbordo di centinaia di tollate di armi chimiche.

I terremoti intorno a Gioia Tauro di magnitudo superiore a 6 tra l'anno 0 e il 2002

I terremoti in Calabria di magnitudo superiore a 6 tra l’anno 0 e il 2002 (Ingv)

Il sistema di predizione è stato attivato nel 1998 in Italia da una rete di scienziati italiani e stranieri. Si basa principalmente su due algoritmi che, elaborando al computer la serie di milioni di piccoli, medi e forti terremoti del passato, possono riconoscere la stessa catena di eventi nella sismicità attuale. In quattordici anni, su tredici periodi di allerta segnalati, dieci si sono conclusi con un terremoto di intensità superiore a 5.4 nel Nord Italia e di 5.6 al Centro e al Sud. Tra i successi, la predizione di alcune settimane del terremoto in Emilia il 20 maggio 2012. Al progetto partecipano l’Istituto internazionale di teoria sulla predizione dei terremoti e geofisica matematica, l’Accademia delle scienze di Russia, il Centro internazionale di fisica teoretica “Abdus Salam” e il Dipartimento di matematica e geoscienze dell’Università di Trieste con i professori Giuliano Panza e Antonella Peresan. Il dipartimento nazionale della Protezione civile però non attribuisce attendibilità a questo metodo di predizione, preferendo e finanziando le ricerche dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia secondo il quale i terremoti non sono prevedibili e ogni tentativo di studio in questa direzione è tempo sprecato. Un dogma che aL’Aquila ha spinto scienziati di Stato e professori universitari ad accettare la versione tranquillizzante della politica. E si è visto come è andata a finire. Diversa invece è la valutazione della Protezione civile del Friuli Venezia Giulia, regione colpita dal devastante terremoto del 1976, che invece collabora da vicino con le ricerche dell’Università di Trieste.

I terremoti in Calabria dal 2003 al 2008 (Ingv)

I terremoti in Calabria dal 2003 al 2008 (Ingv)

La tabella sull’allerta sismica pubblicata sotto il titolo di questo articolo si ferma al primo novembre 2013 poiché il dato attuale, aggiornato ogni due mesi, viene comunicato soltanto alla rete di ricercatori e alla Protezione civile. La situazione corrente è tenuta nascosta al pubblico per evitare allarmismi. Ad ogni aggiornamento, l’ultimo risale al primo gennaio 2014, viene comunque divulgata la situazione del bimestre precedente attraverso le due indicazioni:“yes”, in caso di allerta in corso, e “no”, nel caso che gli algoritmi non rilevino nessuna probabilità di evento sismico significativo.

I terremoti in Calabria negli ultimi 90 giorni (Ingv)

I terremoti in Calabria negli ultimi 90 giorni (Ingv)

Ma anche volendo ignorare le ricerche dell’Accademia delle scienze di Mosca, del Centro internazionale di fisica teoretica e dell’Università di Trieste, c’è poco da stare tranquilli al pensiero che un’operazione così delicata venga fatta in un porto al centro di una delle aree a più alto rischio sismico nel mondo. Basta consultare le banche dati dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia.

La storia sismica di Gioia Tauro

La storia sismica di Gioia Tauro

Il 5 febbraio 1783 i paesi della zona di Gioia Tauro sono stati rasi al suolo da un terremoto di intensità 10 gradi Mercalli, la scala che misura le conseguenze sul territorio. È il grado massimo, con distruzione totale delle costruzioni. Ma altri gravissimi danni sono stati provocati dai terremoti del 1905, 1908 e 1928. Secondo la banca dati del dipartimento nazionale di Protezione civile, usata dai tecnici per prevedere gli scenari comunali di danno, se a Gioia Tauro si ripetesse oggi il sisma del 1783 crollerebbero 3971 abitazioni, 2744 sarebbe inagibili, 9951 persone rimarrebbero sotto le macerie e 7023 sarebbero i senza tetto. È questa la stima ufficiale della Protezione civile nazionale.

Il porto internazionale di Port-au-Prince, Haiti, dopo il terremoto del 13 gennaio 2010

Il porto internazionale di Port-au-Prince, Haiti, dopo il terremoto del 13 gennaio 2010

Quando Gioia Tauro è stata distrutta o danneggiata dai terremoti, il porto attuale non esisteva. L’imponente infrastruttura è stata progettata su una piattaforma artificiale appoggiata ai margini di un pericoloso canyon subacqueo: detriti, rocce e ghiaia hanno fatto da base per la costruzione delle stesse banchine su cui le gru trasborderanno i container pieni di armi chimiche letali. La piattaforma si affaccia su una scarpata che precipita nei fondali del mar Tirreno. Durante i lavori di costruzione, il nuovo sovraccarico provocò una gigantesca frana sottomarina. Il 12 luglio 1977 milioni di metri cubi di sedimento scivolarono dal bordo della scarpata. Lo spostamento ingente di quelle masse abbassò repentinamente il livello del mare che ritornò in equilibrio con un’onda di maremoto alta 5 metri. Lo tzunami devastò l’area, distrusse parte del molo e trascinò in acqua numerosi mezzi del cantiere. Un fenomeno simile a quello registrato in Sicilia e Calabria il 30 dicembre 2002 dopo una frana sottomarina lungo i fianchi del vulcano Stromboli.

Lo stesso tipo di frane può essere innescato anche da forti terremoti. È però impossibile avere certezze sul comportamento dell’infrastruttura di Gioia Tauro in caso di scosse superiori a magnitudo 6,5. Che la posizione affacciata sul canyon sottomarino sia comunque un pericolo anche senza le armi chimiche siriane, lo sostiene proprio una recente pubblicazione dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. Tra i capitoli di “Miscellanea Ingv 2013 – numero 19″, uno studio dell’Università “La Sapienza” di Roma e del Cnr è intitolato così: “Perché i porti sono spesso costruiti esattamente in corrispondenza della testata di canyon sottomarini, in condizioni di massimo hazard geologico?”. Hazard significa pericolo. Le erosioni e le frane lungo i canyon rappresentano “un rischio sia per la stabilità dei moli e degli antemurali sia per la possibilità di frane tsunamigeniche, quali quelle avvenute a Gioia Tauro nel 1977 e a Nizza nel 1979″, scrivono gli autori della ricerca presentata a Napoli nel giugno 2013. A questo va aggiunta la mancanza di un piano pubblico di emergenza del Comune di Gioia Tauro perfino per i rischi connessi all’attività portuale ordinaria. Il documento secondo il dipartimento nazionale risulta trasmesso a Roma dalla Protezione civile Calabria. Ma in rete non si trova e quindi, anche se esiste, non è accessibile ai cittadini. Su Internet c’è invece il “Piano strutturale comunale” che liquida la questione in nove righe.

I vari dipartimenti della Protezione civile nazionale e l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia costano ai cittadini centinaia di milioni di euro ogni anno. Ma né il ministro Maurizio Lupi, né la collega Emma Bonino se ne sono serviti per informarsi. Portare le armi chimiche del criminale di guerra Bashar Assad a Gioia Tauro è un po’ come entrare con una candela accesa in un deposito di gas. Messa fuori gioco la scienza, può bastare la scaramanzia?

Undercoverdi Fabrizio Gatti

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