Nuove e vecchie armi chimiche. L’OPCW tra Premio Nobel e impegno concreto

da ambienteambienti

Alberto Breccia Fratadocchi: «L’Italia ha preso un impegno generico per la bonifica dalle armi chimiche; sarebbe opportuno, per il residuo ancora da eliminare, denunciarlo formalmente all’Autorità Nazionale e all’OPCW»

 

Alberto Breccia Fratadocchi

Alberto Breccia Fratadocchi

(Il prof. Alberto Breccia Fratadocchi, attualmente consigliere scientifico per l’Accademia delle Scienze all’ONU, sarà tra gli ospiti della tavola rotonda Bari racconta: veleni di guerra di ieri e di oggi, in programma il prossimo 2 dicembre a Bari)

Le  costituiscono una seria minaccia per il genere umano e per l’ambiente; la Convenzione di Parigi sulla “Proibizione delle armi chimiche”, il “Trattato di non proliferazione nucleare”, il “Trattato per la messa al bando totale degli esperimenti nucleari” e la “Convenzione per il bando delle armi biologiche” costituiscono i principi su cui si basa il regime multilaterale di disarmo e non proliferazione delle armi di distruzione di massa. La Convenzione, aperta alla firma a Parigi il 13 gennaio 1993, è entrata in vigore il 29 aprile 1997 ed è stata ratificata da 190 Stati che rappresentano il 98% della popolazione mondiale. Essa rappresenta lo strumento più completo finora messo in atto nel campo del disarmo, poiché proibisce l’intera categoria di armi di distruzione di massa ed ha istituito una vera e propria organizzazione permanente per la sua applicazione: l’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (), con sede a L’Aja. Abbiamo fatto il punto con il Prof. Alberto Breccia Fratadocchi, già membro del consiglio scientifico dell’OPCW dal 2004 al 2011.

E’ di pochi giorni fa la notizia che il Nobel per la pace 2013 è stato assegnato all’Organizzazione Mondiale per la proibizione delle Armi chimiche (OPCW). Come hanno contribuito l’Italia e il mondo Accademico negli anni a questo importante riconoscimento?

«In Italia l’unica organizzazione culturale che da circa dieci anni collabora con l’OPCW e con l’Autorità nazionale per il disarmo chimico dalla Farnesina è l’Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna, in particolare della divisione di Scienze Chimiche. Fra i membri accademici io stesso sono stato componente del consiglio scientifico dal 2004 al 2011, mentre per il periodo 2011 – 2014 è membro il Prof. Ferruccio Trifirò, salvo rinnovo. I membri del consiglio scientifico sono nominati direttamente dal direttore generale dell’OPCW sui candidati dei 190 Paesi membri.

La sede dell'Opac a l'Aja (Olanda)

La sede dell’Opac a l’Aja (Olanda)

L’attività dell’Accademia nella collaborazione con l’OPCW è stata molto intensa. Sono state organizzate ben 24 iniziative in Italia e gli accademici hanno partecipato a 14 iniziative all’estero. Negli anni 2007, 2008 e 2009 l’Accademia delle Scienze ha proposto al Comitato per il premio Nobel che questo fosse assegnato all’OPCW per la sua attività di proibizione delle armi chimiche e per il grande numero di Paesi aderenti alla convenzione per il disarmo chimico».

 L’avvio della  risoluzione diplomatica in Siria ha avuto un forte supporto dalle conoscenze tecnologiche. In quali altri fronti mondiali si vive il rischio di una guerra chimica? Quali i possibili scenari favorevoli alla messa al bando delle armi chimiche?

«La risoluzione diplomatica si è avuta per opera del Direttore Generale dell’OPCW, Ambasciatore turco Ahmet Uzucu, e del Segretario Generale dell’ONU che hanno, sin da agosto, fatto pressione presso il Presidente siriano perché firmasse e ratificasse la Convenzione. Quest’atto poneva le armi chimiche della Siria sotto il contro l’OPCW. Nel frattempo l’OPCW aveva allertato i suoi ispettori per farli intervenire nel minor tempo possibile per i controlli. I Governi della Russia e degli Usa erano d’accordo di non procedere in repressioni nel caso che la Siria abdicasse agli arsenali chimici. L’operazione è riuscita non solo per via diplomatica ma anche e immediatamente per via tecnica. Tutti gli arsenali sono stati presi in carico e sotto il controllo dell’OPCW e dell’ONU.  I Paesi che in questo momento potrebbero trarre vantaggi dall’avere arsenali di armi chimiche sono quelli che non hanno aderito alla Convenzione per il disarmo chimico come Egitto, Nord Corea, Sud Sudan e Angola».

Chi trae vantaggi nella diffusione della produzione delle armi chimiche? Come promuovere il ruolo dei portatori di pace?

«Il problema della bonifica e della distruzione delle armi chimiche è un problema internazionale perché deve essere risolto con il controllo obbligatorio dell’OPCW per quanto riguarda il dopo 1977. Per quanto riguarda lo stoccaggio, le ricerche e l’uso delle armi chimiche e dei tossici chimici usabili come armi, l’Italia non può fare niente. Per la bonifica l’Italia ha preso un impegno generico, per cui sarebbe opportuno, per il residuo ancora da eliminare, denunciarlo formalmente all’Autorità Nazionale e all’OPCW.

L' Opac è stata coinvolta dal'ONU per smantellare l’arsenale siriano e sovrintendere all’eliminazione delle armi chimiche del regime di Bashar al-Assad (foto Euronews.com)

L’ Opac è stata coinvolta dal’ONU per smantellare l’arsenale siriano e sovrintendere all’eliminazione delle armi chimiche del regime di Bashar al-Assad (foto Euronews.com) 

Di questo ne parleremo alla tavola rotonda organizzata dall’associazione Ambient&Ambienti a Bari il prossimo 2 dicembre:“Bari racconta: veleni di guerra di ieri e di oggi. 2 dicembre 1943 – 2 dicembre 2013”.

Sono 14 i Paesi OPCW, tra cui l’Italia, che hanno dichiarato di possedere vecchie armi chimiche. Rientrano in tale categoria le armi chimiche prodotte prima del 1925 o nel periodo compreso tra il 1925 e il 1946 ma che si sono a tal punto deteriorate da non essere più utilizzabili come armi chimiche. L’OPCW aveva stabilito il termine ultimo per la distruzione di tali armi al 29 aprile 2012. Dopo lunghe e non sempre facili trattative è stata data la possibilità all’Italia di poter proseguire le attività di distruzione oltre la data prefissata; attività che non necessita l’obbligo di presentare né un piano dettagliato di distruzione, né un report periodico. 

Nel nostro Paese molte delle armi chimiche utilizzate nei precedenti conflitti mondiali non sono state distrutte ma stoccate con procedure obsolete e non sempre sicure. L’Italia dovrà quindi distruggere le vecchie armi chimiche rinvenute sul proprio territorio nel più breve tempo possibile pensando a una nuova e radicale bonifica per la tutela del territorio, del mare e della salute umana.

 

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