Infrastrutture, Confesercenti: Italia in ritardo

da Helpconsumatori

Opere incompiute, spreco d’acqua, trasporto su gomma privilegiato rispetto a quello ferroviario, smaltimento dei rifiuti legato ancora all’uso delle discariche o degli inceneritori: sono alcuni degli indicatori del ritardo infrastrutturale dell’Italia rispetto al resto d’Europa. Un divario che continua ad aumentare: dal 2009 la spesa pro-capite per le infrastrutture è scesa del 25%. Aumenta invece l’elenco delle opere incompiute, da Nord a Sud. E’ quanto emerge da uno studio Confesercenti-Ref.

La crisi aumenta il ritardo infrastrutturale dell’economia italiana, tagliando gli investimenti e bloccando i cantieri. Secondo le elaborazioni Confesercenti-Ref, da dopo il 2009, quando si sono resi necessari interventi di grande portata sui conti al fine di garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche, il contenimento della spesa si è concentrato sul versante degli investimenti: la spesa media pro-capite per infrastrutture è scesa, in quattro anni,  quasi del 25%. Facendo 100 la spesa per persona del 2000, si è passati da circa 161 euro del 2009 a poco più di 120 di oggi. Ha continuato ad aumentare, invece, la spesa corrente, insieme all’elenco delle opere mai terminate, dalla Metro C di Roma alla Salerno Reggio Calabria, passando per il mancato completamento delle infrastrutture stradali previste per l’Expo 2015 di Milano. “Dal nostro rapporto – commenta Confesercenti – emerge un quadro preoccupante dell’infrastrutturazione dell’economia italiana. Bisogna assolutamente invertire la rotta: più infrastrutture non vogliono dire solo un Paese più unito ed efficiente, ma sono anche indispensabili per il turismo, che costituisce uno dei settori economici più importanti d’Italia, il cui peso arriva a sfiorare il 6% del nostro PIl. E che parte svantaggiato rispetto ai nostri competitor internazionali anche per la carenza infrastrutturale”.

La qualità delle infrastrutture pone l’Italia nelle retrovie delle classifiche internazionali: nel 2012-2013, nel ranking globale l’Italia è in 82esima posizione, scivolando di tre posizioni rispetto al biennio precedente. Nelle retrovie, insomma, e non solo per quanto riguarda la media europea: siamo stati sorpassati anche da Kenia, Uruguay e Botswana.

Un dato ben noto è l’elevato spreco di acqua per l’inadeguatezza delle reti di trasporto. Il 43% dell’acqua trasportata dalle reti in Italia va perduta dal punto in cui viene prelevata fino al raggiungimento delle aree urbane. È un dato che definisce inequivocabilmente l’inadeguatezza della dotazione infrastrutturale, soprattutto se paragonato agli altri paesi europei che presentano percentuali inferiori rispetto all’Italia.

Il confronto internazionale riferito al settore dei trasporti via terra evidenzia una elevata distanza che separa l’Italia dai maggiori partner europei: ad una preferenza marcata per il trasporto su gomma, sia civile che commerciale, corrisponde sia una elevata congestione della rete autostradale sia un ritardo nello sviluppo della rete ferroviaria, soprattutto per quanto riguarda le reti ad alta velocità. Per quanto riguarda il trasporto passeggeri, l’utilizzo del treno come mezzo di trasporto è ancora basso nelle preferenze degli italiani rispetto alla media europea. Peraltro dal 2000 al 2011 l’utilizzo del treno è diminuito in Italia(così come solo in Grecia e in Portogallo), nonostante il ricorso all’auto privata, probabilmente a causa sia della crisi sia dell’incremento del costo della benzina, si sia ridotto. I passeggeri italiani hanno quindi preferito compensare il minor utilizzo dell’auto privata con autobus e altri mezzi, rimanendo quindi all’interno del trasporto su gomma, anziché utilizzare maggiormente il trasporto ferroviario.

Capitolo rifiuti, altra nota dolente: prevalgono le modalità di trattamento meno virtuose. Circa la metà dei rifiuti prodotti in Italia viene infatti smaltita in discarica o attraverso inceneritori, contro una media del 40% nell’Europa a 27. In molte aree d’Italia non vi sono alternative alla discarica, mentre entro il 2020 sarà necessario un adeguamento agli standard europei. Le prime stime sui dati 2012, però,  evidenziano come vi sia stato un recupero da parte del Mezzogiorno del ritardo infrastrutturale nel trattamento dei rifiuti urbani, con una evidente riduzione della percentuale dei rifiuti smaltiti in discarica, contestualmente alla maggior diffusione della raccolta differenziata anche nelle città del Sud.

Secondo Confesercenti, la ricetta per intervenire sta nel taglio degli sprechi e nell’investimento di parte delle risorse in spesa produttiva. Secondo i calcoli dell’associazione, si possono risparmiare 50 miliardi di euro, cui si aggiungerebbero 20 miliardi provenienti dagli effetti sulla crescita, tagliando gli sprechi della spesa pubblica, dai consumi intermedi a una riforma istituzionale che preveda l’eliminazione delle province, l’accorpamento di comunità montane e micro-comuni e la razionalizzazione della spesa per la Pubblica Amministrazione.  “Parte di queste risorse (16 miliardi) dovrebbero essere usate per rilanciare l’investimento infrastrutturale del Paese, – spiega l’associazione – senza concentrarsi su opere impossibili da realizzare ma ripartendo dai cantieri già aperti e dalle infrastrutture strategiche  prioritarie”.

 
 
 

 

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