Da allora molti Paesi decidono di sviluppare programmi di armi chimiche. In Germania gli scienziati mettono a punto un insetticida a base di cianuro: lo Zyklon B. Durante la Seconda Guerra Mondiale i nazisti lo utilizzano nella camere a gas dei campi di concentramento, sterminando tra i cinque e i sei milioni di ebrei, ma anche gitani e omosessuali.
Negli anni 60, durante la Guerra del Vietnam, gli Stati Uniti fanno ricorso a un erbicida denominato ‘Agente Arancio’, dal colore delle strisce presenti sui fusti usati per lo stoccaggio durante il suo trasporto. Il defoliante ufficialmente viene impiegato per rimuovere le foglie degli alberi così da privare i Vietcong della copertura del manto vegetale. Ma sulle persone causa bruciature e modifiche genetiche ereditarie.
Negli anni Ottanta l’Iraq di Saddam Hussein ricorre alle armi chimiche, prima nel conflitto contro l’Iran, poi contro la popolazione curda del nord del Paese. Uno dei massacri più terrificanti è quello perpetrato ad Halabja nel marzo 1988. Muoiono migliaia di civili curdi.
A metà degli anni Novanta è la setta Aum Shinrikkyu a usare armi chimiche. Nella metropolitana di Tokyo alcuni membri del gruppo giapponese disperdono una quantità letale di gas sarin. Dodici i morti, circa cinquemila i feriti.
Dalla fine del 2012 cresce il sospetto che in Siria vengano usate armi simili. In dicembre l’opposizione al regime di Bashar al Assad assicura che ad Homs sono stati usati gas mortali. Le potenze occidentali dichiarano compatte che, se provato, l’uso di queste armi da parte di Damasco costituirebbe il superamento di una linea rossa. Una linea rossa che potrebbe dare il via a un intervento armato.
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