CULTURAL BRIDGE

CULTURAL BRIDGE: un ponte culturale verso l’espressione del sé.

Tempo fa vi accennavamo delle audizioni a Magicland per “Italia’s gots talents”. Ora, invece, vi vogliamo raccontare più da vicino quelle per entrare a far parte del gruppo del coreografo Andrea Cagnetti. Con il suo intento di promuovere il Cultural Bridge, si sta facendo sempre più largo nella zona. Ieri era al Jazz Festival a Viterbo. Domani sarà a “La Notte bianca” a Bracciano. Le audizioni le ha tenute il 24 giugno allo Ials. Sin da subito i candidati hanno colto la portata innovativa del suo modo di lavorare: basato su una creatività immediata, un processo creativo che nasce dalla condivisione, dal confrontare il proprio mondo interiore con gli impulsi dell’esterno; ascoltando le reazioni istintive e le emozioni suscitate da cose anche apparentemente secondarie: il vento, gli odori della natura e dell’ambiente che ci circonda; che diventano parte integrante della coreografia stessa, arricchita di musica, che la rende ancora più originale. Nessun vincolo, nessuna imposizione: la tecnica sì, ma conta molto soprattutto la creatività e l’improvvisazione.

Quella appunto delle selezioni. “Mi piace molto non avere vincoli né paletti e mi è piaciuta l’idea di dare libero sfogo all’immaginazione. I coreografi spesso ti impongono un modo di essere, mentre Cagnetti ti aiuta ad esternare il tuo modo di essere, spiegandoti qualcosa di tecnico per non venir frainteso. Le audizioni non erano come me le aspettavo, perché genericamente si valuta solo la danza, mentre Andrea ha voluto valutare anche la capacità di adattamento al suo processo creativo e al suo intendere la danza in modo molto più vasto, per certi versi teatrale”, ci spiega Gioia, 18 anni, che ha superato brillantemente tutte e tre le prove previste dai provini. Una in cui dovevano descrivere, prima a parole e poi con la danza, il proprio mondo interiore; un’altra in cui dovevano rappresentare col ballo il modo in cui la gente vede il/la candidato/a, anche se non ci si rispecchiano; infine, un’ultima, con cui mostrare ciò in cui si eccelle. L’entusiasmo con cui ne parla è palese. “È stato un arricchimento che va ben oltre l’esame di danza; mi ha dato un contributo sia umano che artistico, poiché guarda alla persona che sei, non solo all’esecutore. È stato importante in quanto sono una persona molto insicura e, il fatto di riuscire a convincere un artista dell’esperienza di Cagnetti mi ha dato sicurezza in me. Ho dato di più”. E se il metodo l’ha condiviso da subito, “il proseguo è stato ancora più sorprendente: essendo figlia unica, non ho mai condiviso nulla, con persone con cui a pelle ti senti a casa; mentre il fatto di condividere dei tempi, pur avendo abitudini diverse arricchisce molto”.

I ragazzi selezionati, infatti, vivranno (fino a domenica prossima) per tutte le settimane di preparazione del lavoro, insieme, come in una famiglia. Il che li ha portati a legare molto: “Tanto che inizio a sviluppare un senso protettivo nei confronti degli altri, quando qualcuno manca mi sento come privata di una parte di me, come se mi manchi qualcosa; qui vediamo il progetto e la danza come una vocazione, io su questo lavoro”, lavorando su se stessa e sulla sua crescita e formazione personale, ovvero della personalità, spiega Francesca, studentessa di filosofia, che non ha superato le selezioni, ma è entrata a far parte del gruppo, avendone condiviso in pieno l’intento. E di “Filosofia artistica assolutamente innovativa”, parla anche Gioia quando ci racconta del processo creativo che, tutti i giorni a pranzo, eseguono col loro maestro/compagno, che li affianca amichevolmente senza far sentire loro il peso del ruolo. “Il processo creativo – afferma Gioia – è una fusione di menti, idee, concetti, ma non di intellettualismo”, infatti Cagnetti stesso disse loro: “nel mio progetto non voglio che vengano portate idee, ma soltanto i singoli talenti, affinché da questi si possa creare una discussione e non uno scontro fra ideologie diverse”. “Però questa parentesi mi ha aperto. Mi ha insegnato a non curare solo l’individualismo, che sfocia nell’egocentrismo dove non c’è spirito di collaborazione; la sinergia tecnica può esserci, ma le persone non sono unite. Andrea lavora partendo dalle energie di gruppo e ti fa tirare fuori il tuo modo di essere di approcciarsi, siamo così molto uniti”, aggiunge Gioia.

E infatti di “Un regalo a tutto tondo”, di “una lezione di vita” parla Helene, che già conosceva Cagnetti, ma che ben volentieri ha accettato di ri-collaborarci. Lo stesso ha fatto Noemi, direttamente da Cuneo. La quale, sottolineando la portata formativa dell’esperienza, che aiuta a superare la visione di una danza fatta di tecnicismi rigidi e drastici che intrappolano le persone sia tecnicamente che mentalmente, afferma: “Dovremmo dare a tutti l’opportunità di formarsi senza spendere costi eccessivi, di avvicinarsi alla danza” per aiutare le persone ad essere più libere.

Da qui ognuno riesce a dare il meglio di sé e si tira fuori la qualità. Il livello del gruppo di Cagnetti, infatti, è alto, come dimostra anche il fatto che, a farne parte, è anche Pablo, 31enne cileno, laureato in danza contemporanea, che si è specializzato e nella sua patria insegna anche danza, dove ha partecipato a diversi concorsi e vinto molti premi. Sottolinea la differenza tra Italia e Cile, dove si riesce a guadagnare con la danza e dove c’è la cultura di approfondire un campo della danza; al contrario, da noi è uso comune fare diversi lavoretti per mantenersi corsi di danza in accademie costosissime; gli studenti, poi, tendono a imparare e fare un po’ di tutto: dalla classica, al teatro. Un legame interdisciplinare che si ritrova anche nel cultural bridge.

Intanto ci si prepara alla festa finale di domenica coi saluti. E possiamo dire: “Italia’s gots talents”. Non sappiamo se quei provini siano avvenuti nella stesa maniera, sicuramente la scuola e il metodo di Cagnetti potranno essere un utile esempio.

 Barbara Conti

 

   

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