Earth Day: il fondatore punta all’architettura sostenibile

Denis Hayes


22 aprile 2013 Marco Grigis

Denis Hayes, l’attivista che 43 anni fa ha fondato l’Earth Day, punta all’architettura sostenibile per il futuro del pianeta. In quel di Seattle è infatti in corso d’opera il Bullitt Center Project: il primo edificio davvero green dell’universo, a impatto zero e pienamente sufficiente dal punto di vista energetico grazie a un tetto oversize ricoperto di pannelli solari di ultima generazione.

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In occasione della Giornata Mondiale della Terra, Hayes spiega come l’uomo possa invertire il destino nefasto a cui sta andando incontro dopo un secolo di crescita sregolata. E l’architettura giocherà di certo un ruolo importante in questo processo.

Energia verde, materiali a basso impatto ambientale nella loro produzione, sistemi di conservazione termica, una cisterna sotterranea da oltre 211.000 litri d’acqua piovana: sono queste le caratteristiche del Bullitt Center. E proprio l’acqua sarà un fattore fondamentale per l’architettura del futuro: nei prossimi anni le piogge si faranno sempre più rarefatte, quindi è necessario che le costruzioni incorporino sistemi di salvataggio e di storage.

Non ci sarà sufficiente acqua nel futuro. Ci saranno molte meno nevicate. Ci sarà molta meno acqua corrente e non c’è modo di raccoglierne d’ulteriore dalle fonti. Possiamo risolvere questo problema cercando di costruire i palazzi nel modo migliore possibile, palazzi che possano letteralmente provvedere a tutto.

Le abitazioni statunitensi producono il 39% delle emissioni di anidride carbonica della nazione, il 60% dei rifiuti e il 70% del consumo di energia. Per questo Hayes lancia la Living Building Challenge, una sfida per ridurre l’impatto delle case sull’ambiente, per recuperare risorse scarse che l’uomo spreca senza alcuna consapevolezza:

Se riuscissimo a costruire alcune di queste abitazioni e a raggiungere parte del mercato immobiliare, allora inizieremmo ad avere dei cambiamenti che non conquistino pochi centimetri qua e là, ma che abbiano un profondo impatto sull’ambiente. Almeno in teoria.

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Dagli anni ’70, quando gli attivisti erano costretti a dotarsi di maschere a gas per evitare il “black smoke” dell’industria chimica, molto è cambiato. Ma molto deve essere ancora fatto. Agire sulle risorse, sulle fonti rinnovabili, sul consumo energetico e gli stili di vita non è solo importante all’ambiente, ma anche a una questione che l’uomo considera scontata: l’alimentazione. Il primo impatto dell’inquinamento, infatti, si ha proprio in termini di agricoltura, la primissima fonte di vita. Così spiega Lester Brown, presidente dell’Earth Policy Istitute e personaggio di spicco della cultura di rinnovamento ambientale a livello mondiale:

L’agricoltura così come la conosciamo oggi si è evoluta in oltre un periodo di 11.000 anni di relativa stabilità climatica. Se il clima inizia a cambiare, improvvisamente lo stesso clima e l’agricoltura non saranno più sincronizzati. A ogni anno trascorso corrisponde uno slittamento a questa sincronizzazione. Il tutto rende difficile mantenere e far crescere la produzione.

Fonte: NbcNews

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