Difese chimiche

da unpodichimica Posted on marzo 18, 2013 di 

Il meccanismo bizzarro che governa la vita, sintetizzabile in “mors tua vita mea”, rende infatti indispensabile il possesso di ottimi e raffinati meccanismi di difesa per assicurare  la significativa permanenza di una qualsiasi specie su questo complicato pianeta Terra.

Sorvolando sulle implicazioni filosofiche, mistiche o comunque deliziosamente astratte che le mie affermazioni potrebbero suscitare,  voglio qui parlare di alcuni meccanismi di difesa: farò quindi cenno ad un’affascinante arma posseduta dalle  piante. Parlerò poi dell’olio  girinidale e dei metodi che i chimici   utilizzati  per sintetizzarlo e studiarlo e, finalmente concluderò dissertando (?) dell’efficace e repellente sistema di difesa della puzzola.

Piante in guerra. L’immobilismo che le caratterizza rende difficile  il riconoscere, alle piante, lo status di vivente (anche se chi ha provato a piantare fragole in terra o in un vaso,  si è probabilmente  accorto della loro capacità di migrare  alla ricerca della posizione più favorevole!).  E visto che non possono fuggire, urlare , combattere, sembrano messe lì apposta per essere divorate, abbattute, estirpate. Le si pensa  quindi assolutamente indifese contro l’avidità di famelici  insetti erbivori almeno quanto lo  sono alla nostra avidità. Certo il fatto che alcune di loro abbiano sviluppato  spine fa già riflettere   ma, andando un po’ più al cuore del problema  ci si accorge di come  loro, le piante, a dispetto dell’ apparenza, siano riuscite a sviluppare sistemi ben più complessi e affascinanti di difesa.

Il meraviglioso silenzio del regno vegetale è solo un ulteriore esempio di incomunicabilitàpiante che parlano e ascoltano

fra abitanti dello stesso pianeta. Le piante parlano: lo fanno mandando nell’aria molecole  che funzionano da segnale d’allarme per altre piante e da richiamo per eserciti alleati. Messaggi chimici  che solo recentemente gli scienziati stanno iniziando a decriptare.

Sinomoni ( dal greo syn =insieme e ormao= stimolo) è il nome che viene dato a questa categoria di composti allelo-chimici ( utili cioè a chi li emette  e a chi li riceve) che danno voce alle piante. Ma andiamo con ordine.

tabella difese

Nel corso della loro evoluzione le piante hanno sviluppato diversi e interessanti sistemi di difesa. In questa tabella vengono indicati i tre sistemi, che sono sia di tipo costitutivo che indotto dall’attività degli insetti stessi. Le piante, quindi, possono ostacolare direttamente l’ attività dell’erbivoro con spine e tricomi oppure possono agire per via biochimica attraverso la presenza di metaboliti tossici nei tessuti,  oppure possono fare qualcosa di veramente straordinario.

Si chiamano difese indotte  quelle che agiscono in risposta all’attività esercitata dal fitofagodifesa contro fito

sulla pianta. È stato infatti  osservato che l’attacco di questi insetti su una pianta ospite può determinare un cambiamento quantitativo o qualitativo dei composti volatili prodotti dai tessuti vegetali. La pianta percepisce l’azione dell’insetto e le sostanze chimiche, da questi emesse, funzionano da elicitori ovvero stimolano la risposta difensiva della pianta. In questo caso si parla di herbivory induced plant volatiles (HIPVs composti vegetali volatili indotti dagli erbivori).

Gli HIPVs giocano un ruolo molto importante nelle interazioni tra pianta e fi-
tofago. In alcuni casi essi agiscono come mezzo di difesa diretto, avendo un’azione repellente nei confronti dell’insetto; in altri casi funzionano da SOS chiamando in difesa insetti carnivori e parassiti dei fitofagi. Interessante poi  il messaggio che le piante,  attaccate dall’insetto, mandano alle altre piante  affinchè preparino le difese.

Ma quali sono le molecole coinvolte in questo straordinario  mecanismo? Come si può immaginare il percorso è estremamente complesso e coinvolge molte specie chimiche con funzioni differenti. D’altra parte una lingua prevede l’uso di  molti vocaboli e il linguaggio dei vegetali non fa eccezione. Farò cenno quindi solo ad alcune di queste  molecole: capisco , il rischio è quello di tradurre in vegetalese la classica, inutile frase inglese ” The book is on the table”ma  vi fornirò siti in cui approfondire la conoscenza della lingua e darvi quindi la possibilità di fare lunghe conversazioni con la  rosa ” variegata Bologna” che rende unico il vostro giardino.

In seguito all’attacco di questi fitofaci  le piante emettono i sinomoni, cioè le sostanze volatili di cui abbiamo finora parlato. Una parte di queste sostanze è poco specifica (perchè è la risposta sia all’attacco di insetti che a ferite di tipo meccanico) ed è quella formata in prevalenza da molecole a sei atomi di carbonio ( alcoli, esteri ). L’altra serie di sostanze è invece quella degli HIPVs in risposta esclusiva agli attacchi fitofagi. Sono infatti attivate (elicitor)  dall’azione di nutrizione o adirittura di riproduzione degli insetti.  Queste particolari sostanze sono i terpeni

279px-Isoprene_Structural_Formulae_V.1.svgPresentiamo i terpeni:  sono  biomolecole rappresentate come polimeri dell’ isoprene e possono essere lineari, ciclici, o combinati; in presenza di gruppi carbonili, azotati o di idrossili,terpeni 

vengono chiamati terpenoidi.

Dal punto di vista  biologico, poi,  sono stati individuati due meccanismi di risposta all’assalto degli insetti fitofagi, 

aspirina



 

 









che prendono il nome dalla molecola prodotta 

alla fine del ciclo: meccanismo dell’acido salicilico (aspirina!) indotto dagli insetti succhiatori come gli afidi e il meccanismo dell’acido jasmonico in risposta agli attacchi di masticatori quali coleotteri, lepidotteri e ditteri.

 

acido jasmonico


Approfondire lo studio di questi meccanismi potrebbe portare a produrre varietà di piante resistenti agli attacchi degli insetti. E’ quindi un settore di ricerca importante e in continuo sviluppo.

Per quanto mi riguarda tutto ciò fa nascere in me un dubbio amletico: riuscirò ad addentatare un sedano con la stessa noncurante spavalderia di un tempo?

Passiamo ora all’altro argomento annunciato nell’introduzione:

l’ olio girinidale. Da dove ho tirato fuori questo nome dal sapore vagamente alchemico? Da uno splendido libro”La chimica allo specchio” scritto da Roald Hoffman premio Nobel per la chimica nel 1981. Nessuna alchimia in quell’appellativo, ma solo il nome di una sostanza che protegge i piccoli coleotteri, girinidi Dineutes hornii, dall’attacco di pesci e predatori .

Comincio riportando  subito una interessante affermazione dell’autore .

“Gli insetti sono i migliori chimici che esistano al mondo.

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Più di altre specie utilizzano moecole semplici e complesse singolarmente o in miscele simili a profumi , per trasmettersi informazioni sul cibo, la difesa, la riproduzione, il comportamento.”

Il nostro chimico- coleottero dunque, quando in pericolo, essuda una sostanza bianca che funge da deterrente per pesci e forse per anfibi. J. Meinwald chimico organico, e T.Eisner neurobiologo, entomologo e fisiologo degli insetti, decisero di studiare questa sostanza per   ricavarne la struttura  molecolare.

Utilizzando 50 esemplari di coleotteri, isolarono  quattro milligrammi di un composto giallo oro, che chiamarono olio girinidale.  Vi dico subito che , da questo momento, protagonisti di queste righe non saranno più nè il simpatico coleottero nè  la sostanza estratta, ma il percorso che gli scienziati costruirono per identificare la struttura della  molecola,  partendo da quella  quantità, decisamente minima, di composto.

Per dare un’idea del numero  di molecole presenti in una quantità pur così esigua di sostanza, Hofmann ci dice che,  se portassimo le dimensioni delle molecole contenute in quella quantità di olio alle dimensioni di un granello di sabbia, “esse coprirebbero Itaca sotto una coltre di 400m di spessore”.

In queste condizioni il microscopio ottico  non è di alcuna utilità. Per effettuare le misure fisiche necessarie per identificare la molecola, i detective molecolari devono usare metoditavola1460


spettroscopici ovvero colpire le molecole con luce colorata e studiarne  le risposte.

In questo caso furono utilizzate spettroscopie UV e IR  e la spettrometria di massa, che pesa la molecola rivelando che, in questo caso,  è formata esattamente da  C14H18O3.

Questa informazione però  non basta: per avere un’idea precisa della molecola, bisogna capire quale sia la sua 

tavola1461

struttura.   La combinazione delle tre tecniche fin qui utilizzate  nonè in grado di svelarne l’enigma.

Venne allora effettuata un’ analisi  con  NMR ( risonanza magnetico nucleare) un metodo d’indagine, che  fornisce

tavola1462

indicazioni preziose sulla disposizione degli atomi di idrogeno. Ipicchi, che mostra lo spettro, sono caratteristici dll’idrogeno in condizioni diverse. Per esempio il picco a 9,97 è tipico dell’idrogeno connesso a un carbonio legato a ossigeno(HCO)il picco a   1,82 rivela un gruppo HCH2 .

In questo modo gli investigatori arrivarono a una formula del   tipo mostrato in figura.tavola1463

A questo punto, scoperta formula e struttura,  sintetizzarono l’0lio di giridale che fu  sottoposto alla prova biologica, un controllo che mira  a capire se il prodotto sintetico sia o no attivo.

La prova consisteva in un verme su cui erano stati spalmati pochi microgrammi di olio e un pesce affamato. Nelle

tavola1464

immagini si vede come il pesce dapprima agguanti il verme  poisentendone  il sapore sgradevole lo lavi e infine  lo lasci andare.

Questa prova indica solo  che il materiale sintetico è un buon deterrente, ma non ci assicura che sia del tutto identico a quello naturale anche se probabilmente ci dice che il percorso fin qui fatto potrebbe essere quello corretto.

E qui si potrebbe aprire una finestra su quel  mondo che gira attorno alla domanda : sintetico = naturale?  Non aprirò quella finestra  che mi porterebbe ancora più lontano dal tema di questo carnevale  e affronto invece  l’ultimo scottante ( o meglio odoroso) argomento.

La puzza della puzzola.La composizione dell’ odore della puzzola ha esercitato da sempre  un grosso fascino sugli studiosi: almeno questa è l’opinione di Joe Schwarcz, autore  di un divertente testo che insegna ” come digerire la chimica in 67 storie.”

Nel 1862 Friedrich Wohler, il padre della chimica organica, ricevette in dono (!) da un amico una fialetta contenente la  mefitica arma di difesa delle puzzole nord americane.

Subito si buttò a capofitto nella gloriosa impresa di identificarne la composizione. Anzi , buttò a capofitto un suo ignoto assistente che, mettendo a rischio la sua salute e, aggiungo, la sua vita sociale,  concluse che quella era una  miscela complessa   composta da  numerose sostanze separabili per  distillazione  ed era formata per il 16% in peso di zofo.

Solo recentemente si è arrivati a capire quali fossero in realtà   i componenti di quella miscela, sia per difficoltà dovute al reperimento della sostanza e per la necessità di disporre di attrezzature sofisticate per l’analisi.

Come si ottiene l’arma puzolente?  Anestetizzando le puzzole, ed estraendo con un ago la sostanza dalle loro sacche anali. Mi auguro che dopo essere state disarmate le poverette vengano  rimesse in libertà!

La sostanza viene poi analizzata  mediante gascromatografia e spettrometria di massa.

Frathiol03puzzole

i moltissimi composti individuati , sette sono  particolarmente nauseabondi e due  su tutti: il trans-2-butene-1 -tiolo. e il 3- metilbutano-1-tiolo C5 H12 S

Ma a che pro scoprire  questi componenti ? Essenzialmente per trovare un deodorante efficace,  in grado di distruggere le molecole odorose depositatesi sul pelo dei cani, dei gatti o sugli abiti degli umani che abbiano imprudentemente irritato la bestiola.

Come solo    metodo ad disposizione  per contrastare l’orribile tanfo, veniva usato il succo di pomodoro che aveva come unico risultato quello di impastricciare lasciando intatti gli odori.

La risposta al problema venne per vie insospettabili.

Nella produzione di orologi luminescenti si produceva  una sostanza velenosa e puzzolente, l’acido solfidrico. L’ingegnere Paul Krebaum trovò un sistema per neutralizzare la pericolosa sostanza,  facendo combinare lo zolfo con l’ossigeno e producendo quindi composi meno problematici. L’acido solfidrico passava attraverso una soluzione di idrossido di sodio e acqua ossigenata al 30% e lo zolfo si ossidava producendo composti decisamente più graditi all’olfatto.

Il problema nella fabbrica  era risolto, ma per l’aroma di puzzola,  che pur contiene composti dello zofo, la complicazione era un’altra. Era necessario trovare condizioni di neutralizzazione più blande perchè le sostanze usate nel caso dell’acido solfidrico a quelle concentrazioni, sarebbero state letali per animali e uomini.

Krebaum provò allora a usare  acqua ossigenata al 3 %, quella che si trova in farmacia, usò la soda di un normale sapone  e aggiunse un pò di detergente per i piatti.  Fu così che trovò finalmente un antidoto efficace contro l’arma chimica della puzzola.

E con questo brillante successo bellico sono arivata al termine della  rapida carellata fra  le armi che alcuni organismi mettono in atto per difendersi e alcune delle tecniche che abbiamo a disposizione per studiarle  per poi sintetizzarle o neutralizzarle.

Per concludere con un sorriso ecco un’ avventura di  Pepè, la puzzola casanova molto simpatica ma decisamente  appicciccosa

Per il video clicca qui  

Fonti online

http://www.incaweb.org/green/n0027/pdf/bassa/Green27-Guarino%20%2872dpi%29.pdf

http://www.entom.unibo.it/Resistenza%20delle%20piante%20agli%20insetti%20schede.pdf

Libri

Joe Schwarcz- Radar, hula hoop e maialini giocherelloni,- Edizioni Dedalo 200o

Roald Hoffmann- Chimica allo specchio- 1995Longanesi

Questo post partecipa al Carnevale della Chimica ospitato sul blog di Teresa Celestino

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