1943-44: Le violenze dei nazifascisti contro le popolazioni della Tuscia

di Daniele Camilli

1943-‘44, l’occupazione nazista passò pure per la provincia di Viterbo, lasciando una scia di morte, sangue, saccheggi e stragi. A ricordarcelo, un documento: “Breve riassunto delle violenze commesse dai tedeschi e fascisti contro le popolazioni in territorio di questa Compagnia”. Dodici pagine formato A3 redatte dai Carabinieri di Viterbo subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Sessantuno episodi di violenza suddivisi per paese. Con tanto di data e nomi delle vittime e, in alcuni casi, dei loro carnefici. Vittime quasi tutte civili. Nell’elenco, anche due stragi. Una compiuta tra Capranica e Bassano Romano, l’altra a Blera. La prima parla di 17 giovani sardi e 3 capranichesi assassinati e lasciati sul posto il 17 novembre del 1943. La seconda ha visto l’uccisione del carabiniere Pietro Della Malva e altri sei civili di cui non si riportano i nomi. Era il 29 ottobre 1943: si erano rifugiati “per sfuggire alla cattura da parte di soldati tedeschi che il giorno precedente ed in quello successivo stesso avevano rastrellato Bieda e le sue campagne. I medesimi furono uccisi a colpi di pistola a mitraglia e bombe a mano”. Nessuna pietà dunque. Nemmeno per Lucia Oroni e Maria Torselli di Capranica, ammazzate il 4 maggio 1944 perché chiesero aiuto vedendo un proprio familiare schiaffeggiato dalle truppe tedesche. Oppure per Italo Biondini di Carbognano che il 7 giugno si oppose ai soldati del Reich che tentarono di violentare la propria ragazza. Questa riuscì a scappare. Lui venne giustiziato a “colpi di pistola alla nuca”. A Caprarola, Giuseppe Tosini ed Eugenio Argurio furono invece fucilati in piazza Ercole Bernabei. L’8 giugno del ’44, “trovati in possesso il primo di una rivoltella ed il secondo di una bomba”. Mentre a Grotte Santo Stefano la Guardia Nazionale Repubblicana del console Gavino, pur di far arruolare i giovani nell’esercito della Repubblica di Salò, non disdegnava di arrestare sorelle e padri. Così come di bruciare le “masserizie in mezzo alla strada”. C’è poi la storia del partigiano Luciano Maffucci di Corchiano (2 marzo 1944) che “in contrada Caprareccia veniva fermato da una pattuglia di militari tedeschi”. Invece di esibire i documenti, tirò fuori la pistola. Prima di cadere ucciso, fece in tempo a ferire due nazisti. Come tanti altri, non ebbe modo di festeggiare il giorno della Liberazione – il 25 aprile del ’45 – ma anche per loro valgono le stesse parole del Partigiano Johnny di Beppe Fenoglio. “L’unica maniera di ripagarlo, pensava ora, sarebbe stata d’amare suo figlio come il padre aveva amato lui: a lui non ne verrà niente, ma il conto sarà pareggiato nel libro mastro della vita”.

 

IL DOCUMENTO

1943-44, le violenze commesse da nazisti e fascisti contro le popolazioni del Viterbese

  

URL breve: http://www.ilcontestoquotidiano.it/?p=16180

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *