Acqua potabile a rischio a causa dell’arsenico

Scade l’ultima deroga dell’Unione Europea

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L’arsenico insidia la salubrità dell’acqua del rubinetto di almeno mezzo milione di italiani. Il numero dei comuni coinvolti nel problema del superamento dei limiti consentiti – 10 microgrammi per litro – è piuttosto alto: 56 amministrazioni municipali, tutte laziali.
A nove anni dall’entrata in vigore della legge che regola la questione, in Italia l’emergenza legata alla concentrazione di arsenico nell’acqua potabile non è affatto superata. Il 31 dicembre scorso è scaduta l’ultima deroga della Commissione europea per mettersi in regola, ma poco è stato fatto in questi anni. La conseguenza è che l’acqua dei rubinetti di tanti comuni del Lazio, in particolare della provincia di Viterbo, è stata dichiarata non potabile, e i cittadini coinvolti potranno rifornirsi soltanto dalle autobotti o dalle fontanelle dotate di impianto di dearsenificazione.
L’arsenico è classificato dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro come cancerogeno di classe 1, ovvero la categoria di quelle sostanze la cui pericolosità è data per certa. L’Unione Europea ha stabilito il limite di 10 microgrammi per litro, ma in realtà il buon senso suggerirebbe di non entrare assolutamente in contatto con tale sostanza, in quanto al momento non può essere verificata in maniera scientifica una vera e propria soglia di sicurezza. Ciò è tanto più vero se si considera il fatto che per l’Organizzazione mondiale della sanità il limite si abbassa a 5 microgrammi per litro, quindi la metà di quello fissato dalle autorità europee.
Il dipartimento di Epidemiologia del Servizio sanitario della Regione Lazio ha reso nota un’indagine condotta sulla popolazione di 91 comuni, i più colpiti dal fenomeno. Dai dati emerge una correlazione fra consumo di acqua con concentrazioni alte di arsenico e aumento di decessi legate a una serie di patologie gravi come tumori al polmone, alla pelle, alla vescica, infarti, ictus, ipertensione e diabete.
Si legge nella nota acclusa al rapporto: “nei comuni del viterbese con livelli di esposizione oltre i 20 microgrammi si osserva un eccesso di mortalità, pari al 10%, per tutte le cause e per le malattie del sistema circolatorio (+10%). Nei comuni di Latina si osserva un eccesso significativo, pari al 12%, della mortalità per tumori”. 
A fronte dell’estrema pericolosità della situazione, le amministrazioni locali hanno fatto poco o niente in questi anni, disattendendo i limiti imposti dalla legge e i richiami dell’Unione europea. Prima delle norme entrate in vigore nel 2003, tuttavia, le concentrazioni raggiungevano anche i 50 microgrammi, un’esposizione davvero preoccupante e altamente rischiosa per le popolazioni coinvolte, oltretutto inconsapevolmente all’epoca.
Di seguito l’elenco dei comuni le cui acque superano il limite attuale di 10 microgrammi per litro.

Viterbo

Bagnoregio, Blera, Bolsena, Calcata, Canino, Capodimonte, Capranica, Caprarola, Carbognano, Castel Sant’Elia, Castiglione in Teverina, Celleno, Civita Castellana, Civitella d’Agliano, Corchiano, Fabrica di Roma, Farnese, Gallese, Gradoli, Grotte di Castro, Lubrian, Montalto di Castro, Monte Romano, Montefiascone, Ronciglione, San Lorenzo Nuovo, Soriano nel Cimino, Sutri, Tarquinia, Tuscania, Vallerano, Vetralla, Vignanello, Villa San Giovanni in Tuscia, Viterbo.

Roma

Anguillara Sabazia, Anzio, Ardea, Bracciano, Campagnano di Roma, Civitavecchia, Formello,
Genzano di Roma, Lanuvio, Lariano, Magliano Romano, Mazzano Romano, Nettuno, Sacrofano, Santa Marinella, Tolfa, Trevignano, Velletri.

Latina

Aprilia, Cisterna di Latina, Cori.
http://www.itwp:post_namealute.it/Benessere.asp 

Andrea Piccoli
04/01/2013



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