Senza acqua potabile da gennaio 2013

da viterbo news 24

Marini: ”Niente fondi per intervenire sugli acquedotti prima del 31 dicembre”

 

VITERBO – Con tutta probabilità, una parte considerevole di viterbesi dovranno abituarsi a restare per un lungo periodo senza acqua potabile e, quindi, fare grandi scorte di minerale, liscia o con le bollicine che sia. Prima del 31 dicembre prossimo, data in cui scatterà il divieto dell’uso dell’acqua con una concentrazione d’arsenico superiore a 10 milligrammi per litro, imposto dall’Unione Europea, non sarà possibile dotare gli acquedotti di impianti di dearsenificazione. E Palazzo dei Priori non può spendere i circa 4 milioni di euro necessari per l’intervento. “Il patto di stabilità non ce lo consentirebbe” ha spiegato senza mezzi termini il sindaco Giulio Marini durante la seduta del consiglio comunale dedicata all’argomento.

Né è ragionevolmente presumibile che possa intervenire la Talete, semi affogata com’è nei buchi di bilancio e con un oltre 30 comuni che hanno “disertato” dalla Spa a totale capitale pubblico. Comuni che la Regione non ritiene di dover commissariare, come invece le imporrebbe la legge.

Un’analisi, quella di Marini, condivisa anche dal presidente della Provincia Marcello Meroi, intervenuto alla seduta in veste di presidente dell’Ato (ambito territoriale ottimale) di cui fanno parte 58 comuni della Tuscia e 3 della Provincia di Roma). Le residue ed esigue speranze di Meroi di non vedere mezza provincia coperta da cartelli con la scritta “acqua non potabile” sono legate alla remotissima eventualità che la Regione Lazio, i cui conti non stanno certo meglio di quelli di Palazzo Gentili e Palazzo dei Priori, finanzi e appalti l’installazione dei depurati negli acquedotti di mezza provincia. Ma il primo a non credere che tutto ciò possa avvenire entro il 31 dicembre è lo stesso Meroi.

La prospettiva che dal 31 dicembre prossimo ben 26 comuni, per una popolazione di oltre 130mila abitanti, restino senza acqua potabile sembra ineluttabile. C’è poi da tener conto delle attività commerciali, dei ristoranti, bar eccetera che si troverebbero davanti a un bivio: o smettere di lavorare o farsi carico, ognuno per sé, dei costi degli impianti di dearsenificazione.

A meno che l’Unione Europa non conceda un’altra deroga. Un po’ come dire: facciamo finta per un altro congruo periodo di tempo che non sia vero che oltre 10 milligrammi d’arsenico nell’acqua sono dannosi per la salute. Del resto, per millenni, in queste latitudini si è bevuta acqua all’arsenico senza nemmeno saperlo.

 

 

06/06/2012 – 04:00

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