COSTA CARO IL VELENO A VITERBO

Essere avvelenati significa essere vittime di un delitto. Ma dover anche pagare gli avvelenatori, significa subire non solo un crimine, ma un oltraggio in sovrappiu’. Eppure e’ quello che da anni succede in questa antica citta’ di Viterbo.

Infatti l’acqua che viene erogata nelle casa teoricamente per uso potabile e’ avvelenata dall’arsenico assai oltre i limiti previsti dalla normativa europea (che consente un massimo di presenza di arsenico di 10 microgrammi per litro, che peraltro e’ il doppio del limite massimo di presenza di arsenico che l’Organizzazione Mondiale della Sanita’ ritiene tollerabile).

A questo si aggiunge che la Regione Lazio nel corso degli anni ha ottenuto un regime di deroga tale per cui quella soglia gia’ doppia del massimo tollerabile e’ attualmente ancora raddoppiata. Ed ovviamente la percentuale di arsenico realmente presente nell’acqua erogata dai rubinetti delle case a Viterbo e’ sovente ancora superiore ad essa. E gli esseri umani che hanno la cattiva abitudine di bere l’acqua si avvelenano.

E le bollette dell’acqua continuano a salire. Costa caro il veleno a Viterbo.

*

C’e’ del metodo in questa follia.

La “Talete s.p.a.”, il carrozzone peggio che inetto che gestisce i servizi idrici in molti comuni dell’Alto Lazio e quindi e’ primario corresponsabile del disastro, continua ad emettere e riscuotere bollette per la fornitura dell’acqua inclusiva di veleno, talora allegando alle bollette dei fogli esplicativi in cui sotto il velame de li versi strani si informa che in effetti, si’, quell’acqua che si paga a caro prezzo e’ proprio avvelenata dall’arsenico, per la gioia degli utenti.

La Regione Lazio in buona sostanza lungo un decennio di meglio non ha saputo fin qui fare che chiedere all’Unione Europea nuove deroghe dai limiti di legge, ovvero la licenza di avvelenare. Che non e’ la licenza di uccidere di 007 ma ci si avvicina.

I Comuni (con un’unica reale eccezione, per quanto a nostra conoscenza) invece di agire concretamente per garantire acqua bevibile a tutti i cittadini – come sarebbe possibile, oltre che necessario e doveroso -, hanno preferito la solita sceneggiata: prima negare, poi minimizzare, poi adottare pseudosoluzioni utili soprattutto a procrastinare gli interventi adeguati e indispensabili – ovvero a rinviarli sine die -, poi frignare che e’ sempre colpa di qualcun altro (la Regione Ladrona, lo Stato Lontano, l’Europa di Facili Costumi, Madre Natura, il Destino Cinico e Baro, Vautrin, Fantomas, chissa’). E mentre la generalita’ di sindaci e assessori recita l’eterna commedia dell’insipienza e dell’irresponsabilita’, ci si passi la vieta metafora: il morto e’ sulla bara.

E la Provincia mai come in questo caso si e’ dimostrata ente peggio che inutile, nocivo.

Della Asl e dell’Arpa e dell’Istituto Superiore di Sanita’, poi, ci piacerebbe poter dire qualcosa di buono, o almeno di gentile o di compassionevole, ma con tutta la buona volonta’ ci sembra proprio impossibile, ed essendo persone civili ci asterremo da altri commenti: ma sia chiaro che gravi sono anche costi’ le responsabilita’. Cosi’ come non per carita’ di patria ma per castita’ di linguaggio nulla diremo dell’operato degli altri soggetti operativi, amministrativi e lato sensu istituzionali (organi ministeriali compresi) variamente competenti – come suol dirsi – su vari aspetti della questione, e sul loro atteggiamento cosi’ come effettualmente estrinsecatosi in pensieri, parole, opere e omissioni.

Si’, c’e’ del metodo in questa follia. E l’avvelenamento continua.

*

Ed invece quello che da anni occorre fare e’ di una chiarezza cristallina, e ad esempio l'”Associazione italiana medici per l’ambiente” (che sulla situazione viterbese per prima ha lanciato l’allarme, e nel corso degli anni ha pubblicato studi, presentato esposti, organizzato incontri pubblici, diffuso documentazione, interpellato e coinvolto studiosi, associazioni ed amministrazioni, formulato proposte d’intervento, con una dedizione al bene comune encomiabile oltre ogni dire – e merito ne sia dato alla dottoressa Antonella Litta, che dell'”Associazione italiana medici per l’ambiente” a Viterbo e’ l’anima) lo ha consigliato ed argomentato ripetutamente, fino a gridarlo dai tetti. E se possiamo riassumere il quid agendum in due minime semplici proposte (di azione immediata ed urgente) agli enti locali:

1. non perdere altro tempo e dire la piena verita’ alla popolazione;

2. non perdere altro tempo e realizzare subito i dearsenificatori impegnando propri fondi di bilancio rivalendosi poi sulla Regione Lazio per quanto di sua competenza.

 

Peppe Sini, responsabile del “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” di Viterbo

 

Viterbo, 9 maggio 2012

 

Mittente: “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: nbawac@tin.it , web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

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