“Noi l’acqua non la paghiamo”: avanti verso la secessione idrica

Mercoledì, 25 aprile 2012 – 11:41:00

di Claudio Roma

E’ un record nazionale. Ad Aprilia, città del nord della provincia di Latina, 6 abitanti su 10 non pagano l’acqua che esce dai rubinetti. Però bevono, lavano la biancheria, innaffiano terrazze e giardini. Ma quando arriva la bolletta o la gettano nella spazzatura, oppure si rivolgono allo specialissimo comitato di difesa dell’acqua pubblica che apre il contenzioso. Una volta è il costo per metro cubo, un’altra volta è invece il richiamo al caos amministrativo che regola il rapporto tra l’amministrazione comunale e la società di gestione Acqualatina, una spa a capitale misto con la Provincia che detiene il 51 per cento delle azioni e il restante 49 in mano alla multinazionale Veolia. La “mista” garantisce la manutenzione delle sorgenti, il sistema di distribuzione, gli impianti per eliminare l’arsenico e, ovviamente, i contatori e le relative bollette.

E se il sistema va bene per tutta la provincia pontina, ad Aprilia no. L’ex borgo rurale, divenuto cittadina con l’esplosione dell’esodo da Roma per risparmiare si acquisti e affitti, a metà strada appunto tra la Capitale e l’ex Littoria, è un’enclave dove un rapporto equivoco tra Comune e società di gestione ha aperto un contenzioso storico. E se poi le bollette mai pagate diventano cartelle esattoriali da capogiro, il caos finisce in tribunale, dove la cause hanno raggiunto livelli da allarme rosso.

Ma perché non pagare. Intanto a dire no è il 60 per cento della popolazione che, come racconta il presidente di Acqualatina Giuseppe Addessi, “sostiene che il pagamento viene effettuato al Comune anche se noi non ne abbiamo traccia”. Logico chiedere se allora il Comune versa il dovuto alla società. “Neanche per sogno – prosegue il presidente – il Comune a sua volta replica con il fatto che la convenzione per la gestione non è stata mai approvata dal Consiglio Comunale e che in assenza di uno strumento normativo che regola i rapporti nulla è dovuto”.

Eppure a leggere le carte comunali, l’intero sistema di distribuzione dell’acqua, le reti sono passate alla società di gestione con atti regolari. Dunque, l’acqua scorre nei tubi, arriva nelle case, ma nessuno la paga. In realtà qualcuno l’acqua del 60 per cento degli abitanti di Aprilia la paga e pure nei tempi previsti sono il resto degli abitanti dell’Ato (ambito territoriale di riferimento) che più o meno coincide con la provincia di Latina e qualche Comune a sud di quella di Roma. Sono loro che garantiscono l’acqua agli apriliani che del “bene comune” ne hanno fatto una crociata, sostenendo che il “bene” è pubblico, deve restare tale e non può essere venduto. E così le bollette diventano carta straccia. Col Comune che un po’ ci marcia per risparmiare, molto per ottenere consenso. D’altronde come può non pagare una guerra contro un nemico comodo come una società che manda cartelle esattoriali a raffica e che ha un socio privato vero player internazionale del settore dei servizi?

Se poi si alza leggermente il tappeto, esce la polvere. Ad Aprilia quelli che l’acqua non la vogliono pagare, sognano una secessione idrica, cioè l’uscita dall’Ato per fare da sé o quasi. Da un punto di vista amministrativo sarebbe come se un’intera città decidesse autonomamente di cambiare provincia, senza nessuno strumento giuridico a supporto. Via dall’Ato e basta.

Intanto l’acqua la usano, chiedono giustamente che sia di qualità e priva dell’arsenico, che nella zona abbonda come nei palazzi dei Papi nel Medioevo e nel Rinascimento e ricorrono sempre nei tribunali quando la minaccia di diminuire il flusso che sgorga, si avvicina. Più che una secessione idrica sembra l’anarchia dell’acqua. Ora si può discutere di tariffe di qualità del servizio, persino se al call center sono più o meno educati, ma da lì a decidere di “fumarsi” la bolletta per protesta ce ne passa. Ad Aprilia così fan tutti. Anzi 6 su 10. Gli altri pagano. E la protesta monta.

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