LITI FISCALI: IL RECLAMO OBBLIGATORIO

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Scheda Pratica di Rita Sabelli
2 aprile 2012 13:05
 
COS’E’
Per quanto previsto da uno dei decreti fiscali dell’estate 2011, per gli atti dell’Agenzia delle entrate notificati a partire dal 1/4/2012 scatta l’obbligo di tentare una sorta di conciliazione prima della causa davanti al giudice tributario.
In realta, benche’ la norma parli di “mediazione”, questo termine e’ a nostro avviso improprio rispetto al caso, perche’ la procedura introdotta dalla legge non prevede che le due parti si incontrino e discutano alla presenza di un terzo soggetto neutrale.

L’obbligo riguarda la presentazione di un reclamo-pre causa all’ufficio che ha emesso l’atto, con richiesta di riesame dello stesso in base ad una proposta “conciliativa” eventualmente fatta dallo stesso contribuente. Tale proposta puo’ essere o meno accettata, e in caso negativo l’ufficio e’ tenuto a proporre una propria “contro-proposta”.

Il meccanismo puo’ apparire semplice, ma in realta’ non lo e’ affatto perche’ se non si arriva ad un accordo o se l’Agenzia non accetta il reclamo e/o la proposta, il reclamo, corredato dalla proposta “conciliativa” del contribuente, diventa l’atto introduttivo al ricorso in commissione tributaria. 

La nuova “mediazione” quindi altro non e’ che una nuova fase pre-causa del processo tributario, che come vedremo dura al massimo 90 giorni, nella quale le parti possono “chiudere la partita” trovando una soluzione comune.

Il punto e’ delicato perche’ ,stante la suddetta automaticita’, e’ evidente che l’accordo proposto dal contribuente risultera’ vincolante nella fase successiva, la vera e propria causa.
Il reclamo quindi deve fin da subito essere redatto come un un vero e proprio ricorso, facendo molta attenzione a legittimare ogni richiesta, con poco spazio -purtroppo- ad aperture e tolleranze che ci potrebbero poi vincolare davanti al giudice. Se per esempio si ritenesse la pretesa infondata, sarebbe bene chiedere direttamente l’annullamento dell’atto anziche’ puntare a compromessi, come invece si farebbe in una normale conciliazione dove il passaggio automatico alla causa, in caso di insuccesso, non c’e’.

Sul punto e’ chiara anche la circolare dell’Agenzia delle entrate quando afferma: “Si tratta di uno strumento deflativo del contenzioso, con il quale si prevede la presentazione obbligatoria di un’istanza che anticipa il contenuto del ricorso, nel senso che con essa il contribuente chiede l’annullamento totale o parziale dell’atto sulla base degli stessi motivi di fatto e di diritto che intenderebbe portare all’attenzione della Commissione tributaria provinciale nella eventuale fase giurisdizionale.”

Vediamo i dettagli della procedura. 

ATTI COINVOLTI
Oggetto dell’obbligo sono tutti gli atti emanati dall’Agenzia delle entrate di importo non superiore a 20.000 euro, notificati a partire dal 1/4/2012.

Riguardo al valore da prendere in considerazione -relativamente al limite di 20.000 euro- si tiene conto dell’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato. Se la contestazione riguarda esclusivamente le sanzioni, il valore da prendere in considerazione e’ costituito dalla loro somma. 
Tale valore costituisce, ai fini del reclamo e dell’eventuale successivo ricorso in commissione tributaria, il valore della lite. 

Riguardo alla data di notifica si deve tener conto della data in cui la notifica si perfeziona per il destinatario. Pertanto l’obbligo di presentazione del reclamo vale per gli atti ricevuti dopo il 1/4/2012, anche se spediti dall’Agenzia delle entrate anteriormente. 

Riguardo agli atti, sono inclusi
– avviso di accertamento; 
– avviso di liquidazione; 
– provvedimento che irroga le sanzioni; 
– iscrizioni a ruolo
– rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie e interessi o altri accessori non dovuti (per i quali, alla data del 1/4/2012, non siano decorsi i 90 giorni dalla data di presentazione dell’istanza di rimborso); 
– diniego o revoca di agevolazioni o rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari;
– ogni altro atto emanato dall’Agenzia delle entrate, per il quale la legge preveda l’autonoma impugnabilità innanzi alle Commissioni tributarie (vedi scheda pratica tra i link utili).

Sono invece esclusi tutti gli atti elencati sopra non emanati dall’Agenzia delle entrate (per esempio un avviso di accertamento della tassa dei rifiuti) nonche’ i seguenti: 
– cartella esattoriale (vedi piu’ avanti per le specifiche)
– avviso di mora, sostituito dall’avviso di intimazione (art.50 c.2 Dpr 602/73)
– atto di iscrizione di ipoteca sugli immobili (art.77 Dpr 602/73)
– atti di preavviso e di iscrizione del fermo amministrativo (art.86 Dpr 602/73)
– atti relativi alle operazioni catastali (art.2 c.3 D.lgs. 546/92)
– atti relativi al recupero degli aiuti di Stato illegittimi (di qualsiasi tipo: atto di recupero, avviso di accertamento, cartella esattoriale).

Sono escluse anche le controversie di valore indeterminabile, come per esempio 
– relative a provvedimenti di diniego di iscrizione e di cancellazione dall’anagrafe unica delle onlus;
– relative a liti concernenti la spettanza di un’agevolazione, quando l’atto contestato non riguardi anche l’accertamento di un tributo o il maggior tributo. In quest’ultimo caso infatti la lite ha un valore determinabile (tributo al setto di interessi e sanzioni).

Come per i ricorsi in commissione tributaria, anche per il “reclamo obbligatorio” e’ possibile opporsi ad un atto e nel contempo a quello precedente se vi sono, per quest’ultimo, vizi di notifica. In questo caso si puo’ procedere anche contro un atto non emesso dall’Agenzia delle entrate se quello precedente lo e’ (per esempio avverso una cartella esattoriale e, congiuntamente, al precedente avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle entrate).

Un caso particolare, la cartella esattoriale
La cartella esattoriale e’, come si sa, uno strumento con il quale un soggetto terzo terzo delegato (agente della riscossione) riscuote tasse e tributi per conto dello Stato e degli enti locali. 
Piano piano sta sparendo, gia’ sostituita dall'”avviso di accertamento esecutivo” per quanto riguarda tasse e imposte e in via di sostituzione dall’ingiunzione fiscale anche per i tributi comunali (dal 2013, salvo ulteriori proroghe).

Come gia’ visto, la cartella esattoriale, anche se relativa a tasse e tributi, non rientra in termini generali tra gli atti per i quali si deve presentare il reclamo obbligatorio, perche’ non e’ direttamente emessa dall’Agenzia delle entrate. 

Tuttavia vanno distinti i casi: 
– se si intende contestare la cartella esclusivamente per vizi della stessa (essenzialmente vizi di notifica o di forma) NON SI DEVE presentare il reclamo obbligatorio. In questo caso, tentativi di autotutela a parte, si deve procedere direttamente col ricorso in commissione tributaria;
– se si intende contestare la cartella per vizi riconducibili solo all’attivita’ dell’Agenzia delle entrate SI DEVE presentare il reclamo obbligatorio; 
– se si intende contestare la cartella per vizi riconducibili solo all’attivita’ dell’agente della riscossione NON SI DEVE presentare il reclamo obbligatorio. In questo caso, tentativi in autotutela a parte, si deve procedere direttamente col ricorso in commissione provinciale tributaria. 
– Se si intende contestare la cartella per vizi riconducibili sia all’Agenzia delle entrate che all’agente della riscossione occorre presentare sia il reclamo obbligatorio all’Agenzia delle entrate sia il ricorso vero e proprio all’agente della riscossione. Quest’ultimo va pero’ presentato dopo che sia decorso il lasso di tempo utile per l’eventuale accordo, i 90 giorni di cui parleremo piu’ avanti.

PROCEDURA 
Preparazione del reclamo
Il reclamo deve essere diretto all’ufficio che ha emesso l’atto (Direzione provinciale o alla Direzione regionale) e deve essere redatto dal contribuente intestatario dell’atto stesso, direttamente o tramite procuratore delegato. Se il valore della lite supera i 2.582,28 euro occorre obbligatoriamente delegare un avvocato difensore. La delega del procuratore o del difensore deve essere autenticata.

Per redigere il reclamo e’ consigliabile -ma non obbligatorio- utilizzare il modulo “ricorso con istanza” predisposto dall’Agenzia delle entrate, allegato alla circolare 9/E (vedi tra i link utili), che contiene anche il testo dell’eventuale procura.

Il modulo e’ formato da due parti, uno e’ l’introduzione del ricorso, l’altro e’ il reclamo vero e proprio (“istanza”). 
Gli elementi -di fatto e di diritto- su cui si basano il reclamo e le richieste di annullamento totale e parziale dell’atto, devono essere gli stessi utilizzati nel testo del ricorso, pena l’inammissibilita’ dell’intera procedura di reclamo.
Questo punto e’ fondamentale, tenendo conto che gli elementi utilizzati saranno poi gli stessi utilizzabili nell’eventuale successiva fase giudiziaria (che scatta automaticamente nel caso non venga raggiunto l’accordo), senza possibilita’ di integrazione se non in casi particolari.
Sul reclamo, in piu’, il contribuente puo’ anche inserire -facoltativamente- una propria proposta conciliativa con ricalcolo dell’ammontare dovuto.

In allegato e’ bene inserire: 
– una copia dell’atto impugnato; 
– una copia di tutti i documenti utili a provare la fondatezza delle proprie ragioni. Questi documenti servono sia a consentire all’Agenzia delle entrate un completo esame della pratica ma diventano necessari per l’eventuale successiva fase giudiziale, quindi diventano parte integrante del fascicolo della causa in commissione tributaria. 
Per dirla in altre parole: se ci sono dei documenti che si intende presentare in causa e’ bene allegare gli stessi al reclamo pre-causa, quindi fin da subito.
Si puo’ evitare di allegare solo i documenti -citati nel reclamo- gia’ in possesso dell’ufficio dell’Agenzia delle entrate a cui ci si rivolge.

Invio (o presentazione) del reclamo
Il reclamo va notificato all”ufficio che ha emesso l’atto (Direzione provinciale o Direzione regionale) in una delle seguenti modalita’:
– raccomandata a/r in plico senza busta, senza segni o indicazioni dai quali si possa desumere il contenuto dell’atto; 
– consegna diretta all’ufficio che rilascia ricevuta; 
– a mezzo di ufficiale giudiziario con modi previsti dal codice di procedura civile (art. 137 e segg.). 

Il reclamo va inviato o presentato entro 60 giorni dalla notifica dell’atto che si vuole contestare, e in tal senso fa fede, nel caso dell’invio postale, la data di spedizione della raccomandata. 
In caso di reclamo che riguarda il rifiuto ad una domanda di rimborso, il termine di presentazione va dal 90simo giorno dalla domanda di rimborso (presentata entro i termini) fino a quando si prescrive il diritto alla restituzione. 

Ai fini del calcolo del termine si deve tener conto della sospensione dei termini processuali, attiva dal 1 Agosto al 15 Settembre di ogni anno. Questa sospensione non si applica, invece, nel corso della procedura della “mediazione”, che deve quindi perentoriamente chiudersi entro 90 giorni (vedi sotto).

Fase di potenziale accordo
Dalla data di ricezione del reclamo da parte dell’ufficio scatta una fase amministrativa pre-processuale di 90 giorni entro i quali puo’ essere o meno raggiunto un accordo.

Entro 90 giorni il reclamo potrebbe, infatti 
– essere accolto totalmente dall’ufficio, con annullamento dell’atto o comunque con approvazione dell’eventuale proposta del contribuente; 
– non essere accolto con rielaborazione di una contro-proposta da parte dell’ufficio che viene sottoposta al vaglio del contribuente. Tale contro-proposta potrebbe anche essere una semplice riduzione delle sanzioni senza alcuna modifica del tributo. Nella fase valutativa l’ufficio puo’ decidere anche di sentire personalmente il contribuente, ma cio’ non e’ obbligatorio;
– non essere accolto con invio del diniego da parte dell’ufficio senza alcuna contro-proposta.

Nel primo caso, e nel caso in cui il contribuente accetti la contro-proposta dell’ufficio, la procedura di “mediazione” si puo’ dire conclusa con successo. In questo caso tutto si ferma e non c’e’ alcun passaggio -ovviamente- alla fase giudiziale. La fase finale e’ la firma di un accordo tra le parti o l’accettazione della proposta. Le eventuali sanzioni amministrative contenute nell’atto vengono, con l’accordo, ridotte del 40%. La procedura si perfeziona con il pagamento, entro 20 giorni dalla conclusione dell’accordo, delle eventuali somme dovute dal contribuente , ovvero della prima rata se viene stabilito un pagamento a rate. 

Nel terzo caso, e comunque se il contribuente non accetta la contro-proposta dell’ufficio, la “mediazione” fallisce e si passa in automatico alla fase giudiziale alla fase giudiziale, la vera e propria causa in commissione tributaria; in questo caso il contribuente dovra’, entro 30 giorni, costituirsi in giudizio (vedi sotto).

L’eventuale costituzione in giudizio 
Se decorrono 90 giorni senza che sia stato notificato l’accoglimento del reclamo (o della proposta) o senza che sia stato raggiunto un accordo rispetto alla contro-proposta, il reclamo originario diventa il primo atto del ricorso alla commissione tributaria.
Ricordiamo che il primo atto del ricorso in commissione tributaria e’ infatti la notifica del ricorso -in questo caso il reclamo- alla controparte diretta.

Il contribuente, entro 30 giorni da tale momento, deve costituirsi in giudizio depositando il ricorso alla cancelleria della commissione provinciale tributaria competente per territorio. 
Per la precisione, i 30 giorni vanno calcolati a partire dal giorno successivo:
– a quello di compimento dei novanta giorni dal ricevimento dell’istanza da parte della Direzione, senza che sia stato notificato il provvedimento di
accoglimento della stessa ovvero senza che sia stato formalizzato l’accordo di mediazione;
– a quello di comunicazione del provvedimento con il quale l’ufficio dell’Agenzia delle entrate respinge l’istanza prima del decorso dei predetti novanta giorni;
– a quello di comunicazione del provvedimento con il quale l’ufficio dell’Agenzia delle entrate prima del decorso di novanta giorni, accoglie parzialmente l’istanza. 

Il ricorso da depositare deve essere uguale a quello consegnato o spedito all’ufficio dell’Agenzia delle entrate con il reclamo, pena l’inammissibilita’.
Al momento del deposito deve risultare pagato anche il contributo unificato (tassa) previsto per il processo tributario, di importo variabile a seconda del valore della lite. 

Attenzione! Se l’Agenzia delle entrate risponde prima dei 90 giorni respingendo il reclamo o accogliendolo parzialmente, il termine di 30 giorni per la costituzione in giudizio decorre dalla ricezione di tale risposta.

QUI, nella scheda sul ricorso in commissione provinciale tributaria, si trovano tutte le informazioni utili sul procedimento, sulla costituzione in giudizio e sul contributo unificato da pagare.

SOSPENSIONE DELLE AZIONI ESECUTIVE
La presentazione del reclamo non sospende automaticamente gli effetti dell’atto, quindi le azioni esecutive che per legge seguono il mancato pagamento dello stesso.
Tuttavia e’ possibile chiedere tale sospensione fin da subito, sull’istanza di reclamo od anche separatamente, all’ufficio dell’Agenzia delle entrate che si occupa della fase di “mediazione”. 
Se la sospensione viene concessa essa perde ogni effetto pero’ al momento dell’eventuale mancato raggiungimento dell'”accordo”, quindi la richiesta va ripresentata al giudice nella fase successiva, il vero e proprio ricorso. 

INAMMISSIBILITA’ DELL’ISTANZA/RECLAMO
L’Agenzia delle entrate precisa che gli unici motivi per cui l’istanza puo’ essere rigettata dall’ufficio per inammissibilita’ sono: 
– invio oltre i termini; 
– carenza dei requisiti che impedisce di attribuire l’istanza al contribuente (per esempio mancanza di dati, mancanza di sottoscrizione) o che impedisce di individuare l’oggetto (mancanza di informazioni sull’atto contestato o sul tributo).

In certi casi le mancanze possono essere sanate nella fase di costituzione in giudizio
La mancanza di una proposta di mediazione elaborata dal contribuente NON e’ invece motivo di inammissibilita’. Essa e’, infatti, facoltativa. 

Ovviamente ci sono anche i casi in cui l’istanza e’ improponibile, ovvero tutti quei casi in cui l’atto non rientra tra quelli per i quali e’ obbligatorio presentare il reclamo, dettagliati all’inizio della scheda. In questi casi l’opposizione deve avvenire direttamente tramite ricorso in commissione tributaria, previo eventuale tentativo in “autotutela”.

NOTE IMPORTANTI
– l’obbligatorieta’ della presentazione del reclamo sta nel fatto che se non si presenta reclamo diventa impossibile fare ricorso (la controparte puo’ sollevare l’inammissibilita’ dello stesso in qualunque momento).
– durante tutto il procedimento le comunicazioni al contribuente possono anche esser fatte con la posta elettronica o il fax, se indicati nel reclamo.
– la parte che soccombe nella causa davanti alla commissione provinciale tributaria deve rimborsare anche le spese del procedimento di gestione del reclamo obbligatorio, quantificate nel 50% delle spese di giudizio. Il giudice puo’, a sua discrezione, compensare dette spese tra le parti.

FONTE NORMATIVA E LINK UTILI 
– Nuovo art. 17-bis del D.lgs. 546/1992 introdotto dal 
– Dl 98/2011 convertito nella legge 111/2011 art.39 commi 9/10/11 
– Circolare Agenzia delle entrate n.9/E del 19/3/2012

– Scheda “Ricorso in commissione provinciale tributaria”

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