i drone

i drone 


 

















“Ma come, ne arrivano ancora?” chiede la gente….. 
Ebbene sì, ne arrivano sempre, in tanti, ecco perchè :
 
“Sono silenziosi i drone.  Sono impercettibili. Quasi. Sono ronzii. Ronzio d’ape maschio. E’ quel che significa la parola drone. E volano nel buio. Quasi sempre. E non disturbano il sonno. Erano cinquanta i drone al tempo di Bush. Sono settemila al tempo di Obama.”
 
“Nel 2004 – afferma tra gli altri M. Akram Azimi, docente all’Università Ghargistan, Farah – i Talebani erano circa 400. Nel 2009, 25.000. Oggi possono contare su 30.000 combattenti. La comunità internazionale dovrebbe cominciare a chiedersi perché i ribelli aumentano invece di diminuire”.
 
“L’ennesimo atto ‘sacrilego’ è la goccia che fa traboccare un vaso stracolmo di rabbia e frustrazione per un’occupazione militare decennale che non ha portato nessun miglioramento alle condizioni di vita della popolazione. Anzi. ..”
 
 
Al tempo della neve 
 
A Febbraio a Roma ci sono state le tende dei ragazzi afgani sotto la neve, la fame, il freddo e la disumanità di quello spettacolo … La gente si è allora come svegliata da un torpore, ha cominciato a vedere quello che da tempo era sotto i suoi occhi ma fino ad allora non aveva visto, è cominciata una corsa all’aiuto e alla solidarietà:  ho incontrato persone che arrivavano con pentole fumanti, con bottiglie di tè bollente, son piovuti maglioni e coperte, tutti erano angosciati e sgomenti di fronte alla tragedia di questi giovani che, rifiutando il ruolo di barboni, preferivano restare sotto le tende coperte di neve piuttosto che condividere con balordi e drogati i sottopassi messi a disposizione dal Comune.
 
E a quello del tendone
 
Adesso che c’è il tendone (pardon, la tensostruttura) di 150 posti letto, con bagni e docce nei containers,  siamo tutti più sollevati.  Non sta neanche troppo lontano da Ostiense, peccato che preveda una permanenza di 7 giorni, rinnovabili, e che la maggioranza dei ragazzi abbia invece bisogno di un posto dove poter permanere e cominciare a costruirsi un futuro senza l’incubo di tornare in strada. 
 
Dopo lo sgombero totale e il transennamento della zona dove son vissuti così tanto tempo, i ragazzi martedì 28 verso le 18 erano comunque lì su quel piazzale 12 Ottobre 1492, accanto all’Air Terminal, non sapendo dove altro stare fino all’apertura del tendone alle 19 …  Sembravano sperduti e tristi per la fine di quel loro posto autogestito.
 
Di fatto, i ragazzi di giorno continuano a non avere un posto dove stare, soprattutto durante il fine settimana. 
Anche i minori sono in giro, fino alle 22, quando possono andare a dormire al Centro notturno A28 (apertura 22 – 8).
 
Le persone del Gruppo Rinascita e non solo, che stan portando cibo ai ragazzi la domenica in tarda mattinata, visto che non potranno andare più alle tende (e al tendone nemmeno), la prossima domenica andranno alle 12 a Testaccio.  E’ un posto che i ragazzi già conoscono per via del pranzo del sabato di Elisabeth, il passaparola speriamo che funzioni.   
 
Storie Storie Storie
 
Era felice come una pasqua Alì, quando siamo andati al ristorante di S. Lorenzo dove lui lavora.  Ci ha fatto trattare come principi e la cena di pesce era eccellente.  Mentre ce ne andavamo, lui era preso a preparare gli antipasti, ma faceva, ci ha detto, anche il lavapiatti e tutto ciò che serve. Che gioia, Alì, se penso a quando ti rifiutavano l’asilo e piangevi perchè volevan farti tornare in Grecia  …  
 
E sono già due anni di attesa anche per Wahid, che ha fatto ricorso contro l’espulsione, nel frattempo sta andando avanti a studiare per la Terza Media e  tutto quel che trova da studiare … Ora non dispera di farcela a prendere i documenti, ma ha passato momenti di così grande scoramento che temeva di perder la ragione … Sì, perchè lui in Afganistan ha una moglie e una bambina; per fortuna da qualche tempo, l’aiuto di una persona amica gli ha permesso di riprendere contatto telefonico con loro.
 
Usavo i servizi di Farid per trasportare i sacchi di vestiario al Centro rifiugati di via Napoli.  Sapevo che non se la passava bene,  gli occhiali da vista tutti rotti, non aveva i soldi per sostituirli … gli ho chiesto del permesso di soggiorno, ho saputo così che stava per scadere ma non aveva i soldi per chiedere il rinnovo … Con l’aiuto vostro, ce l’abbiam fatta a pagare le varie voci e lui che non si aspettava proprio niente da nessuno, ora dorme sonni più tranquilli.   
 
Insieme a Zahra e Reza, giovane coppia afgana, siamo andati a vedere la mostra fotografica di Steve McCurry, con molte foto dell’Afghanistan.  Loro di andare erano contenti, hanno guardato ogni foto con attenzione. Ma io ho provato vergogna a guardare con loro quel loro paese martoriato e offeso, quei bambini mutilati, quelle rovine abitate, come se fossero solo le immagini di un bell’evento culturale.

“La civiltà non è né il numero né la forza, né il denaro.
La civiltà è il desiderio paziente, appassionato, ostinato, 
che vi siano sulla terra meno ingiustizie, meno dolori, 
meno sventure. La civiltà è amarsi.”
Raoul Follereau

 





Loghar, Kabul, Kandahar, Helmand, Nimruz, Heràt e ancora e ancora. Città, province, distretti. Nomi. Luoghi. Luoghi racchiusi in uno stesso nome. Luoghi di non luoghi. Non c’è alba o tramonto che passi tra sole e luna  senza che si pronunci, scriva uno di questi nomi. Simili. Nomi d’una stessa voce. D’una  terra. Sempre la stessa. Terra che siamo stanchi di nominare.  E bambini. Ancora e ancora. Bambini sempre. Legati agli stessi nomi. Bambini senza nome. 

Continuano a saltare bambini laggiù, a saltare in aria. Sono trent’anni anni che saltano sotto quel cielo da presepio. L’abbiamo già detto. Erano campi minati  prima di undici anni fa. Del 2001. E’ stato ovunque dopo. Sono cinture esplosive ora. Anche. Azioni inconcepibili in quella terra. Quelle delle cinture su bambini. Azioni inconcepite dalla sua gente. A questo è ridotto quel mondo. A questo è stato portato. Eppure degli altri, dei bambini  della notte, quelli che saltano in aria nella notte, non si dice, non si parla. Quelli che se ne vanno nel sonno. Quelli che non si svegliano. Quelli che sono il 90% dei decessi infantili in Afghanistan. Di quelli non si dice. Su quelli si sorvola. Lo si fa prima e dopo. In vita e dopo. Lo si fa in silenzio.

Sono silenziosi i drone.  Sono impercettibili. Quasi. Sono ronzii. Ronzio d’ape maschio. E’ quel che significa la parola drone. E volano nel buio. Quasi sempre. E non disturbano il sonno. Erano cinquanta i drone al tempo di Bush. Sono settemila al tempo di Obama. 

I drone non hanno altra patria che quella a stelle e a strisce. Ma non per molto, per l’antico principio di imitazione. Aerei senza pilota, questo sono. Macchine infernali. Questo sono. Solo esclusivamente comandate da un pulsante. Un pulsante lontano premuto da mano lontana. Lontana dal luogo dell’esplosione, della paura. Lontana dalla guerra. Non è neppure mano militare a premere il pulsante è  mano sconosciuta di agente segreto.  E’ mano economica. Mano che non rischia.  Mano che non si mostra. Mano che fa saltare bambini senza esporsi. Senza responsabilità. Alcuna.

E volano drone anche sul cielo del Pakistan e della Libia, e dell’Iraq e dello Yemen. E della Somalia anche. In questi giorni e ancor più In silenzio. Cinque cieli da presepio sono sonorizzati da ronzii di api maschio. Semplici leggeri fastidiosi notturni ronzii. 

E bambini s’addormentano al passaggio. E sacrifici umani si compiono. E s’immolano sull’altare della nostra presunta Civiltà. In silenzio.
Marika Guerrini

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