La salute delle api per l’ agricoltura e il benessere dell’uomo

 di Giovanna Bianconi

VITERBO – Einstein disse: “Se scomparissero le api dalla Terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita”. Evidentemente il genio della fisica moderna aveva ragione, siamo noi che dimentichiamo troppo spesso le regole degli ecosistemi. Questi insetti sociali sono fondamentali per l’impollinazione delle specie vegetali, come tutti sappiamo, ma svolgono molti altri ruoli. Per esempio ci indicano in maniera inconfutabile, meglio di qualsiasi altra analisi, se un ambiente è sano.

Per non parlare degli aspetti economici: i prodotti dell’alveare, oltre ovviamente al miele e alla cera, sono la propoli (un efficace antibiotico naturale), la pappa reale (ricostituente sempre più rivalutato anche dalla medicina ufficiale), ed il veleno, che è un pregiatissimo costituente di prodotti farmaceutici ad azione anticoagulante e antinfiammatoria.

Ma l’Italia, che già importava molta parte di questi prodotti, ha subìto negli ultimi anni notevoli perdite economiche, a causa della varroa prima e dell’uso dei neonicotinoidi poi. Il primo è un parassita, un acaro che si attacca al corpo delle larve succhiandone l’emolinfa (il corrispettivo del nostro sangue), i secondi sono una classe di prodotti chimici per la “concia” dei semi, soprattutto di mais, per evitare che vengano attaccati dagli insetti terricoli.

Erano anni che gli apicoltori vedevano le loro api volare in modo anormale, persino perdersi, per rimanere fuori dall’arnia, sole, a morire di freddo o caldo. E sono stati proprio gli apicoltori a dare l’allarme, denunciando questi comportamenti anomali che in molti casi peggioravano in vicinanza di campi coltivati a mais.

Ancora una volta la ricerca applicata all’agricoltura ha dato i suoi frutti, e in seguito a studi scientifici è stata dimostrata inequivocabilmente la loro dannosità, correlando i trattamenti ai danni irreparabili al sistema nervoso delle api. Risultato: i neonicotinoidi sono stati finalmente banditi.

Ma dopo questa ecatombe, gli sciami drasticamente ridotti e indeboliti non riescono a recuperare, e gli apicoltori continuano ad avere problemi. Troppe malattie, scarse produzioni e, diciamolo, la perenne necessità di fare trattamenti non sempre consentiti dalla legge.

Una soluzione potrebbe arrivare ancora una volta dalla ricerca. Tra i gruppi di lavoro che operano nel settore spicca il laboratorio di microbiologia agraria e ambientale dell’Università della Tuscia, coordinato dal Prof. Canganella.

“In tempi in cui i giovani della Tuscia non trovano lavoro e le campagne si spopolano per i ben noti problemi di scarsa redditività delle aziende agrarie, sarebbe auspicabile che si investisse in un ambito produttivo dalle sicure potenzialità economiche, sfruttando il fatto che il mercato italiano dei prodotti dell’alveare ha numerose nicchie libere, soprattutto se parliamo del biologico. Il settore quindi potrebbe essere una interessante fonte integrativa di reddito per molti piccoli agricoltori del territorio.”

Questo sostiene il Prof. Canganella parlando dell’apicoltura e delle sue potenzialità nel territorio. E continua, parlando delle ricerche del suo gruppo di lavoro nel settore, “Studiando la microflora intestinale dei piccoli insetti abbiamo isolato dei microrganismi probiotici (benefici per la salute dell’animale) che sono in grado di inibire direttamente i principali patogeni batterici delle api e rinforzare il loro sistema immunitario contro le avversità. Il meccanismo quindi è simile a quanto avviene nell’uomo”.

Per le api però il panorama sanitario è estremamente complesso anche per via dei cambiamenti climatici, che ormai incidono sulle stagioni e quindi sulle specie vegetali in fioritura, alterando i cicli biologici degli insetti. Ma per sostenere un settore ancora sottosviluppato occorrono specifiche politiche, che coniughino enti di ricerca per l’agricoltura e mondo produttivo.

 
22/02/2012 – 10:20

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