Casa: missione possibile

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Mercoledì, 15 febbraio 2012 – 11:40:00

Tutti a parlare di Pgt, di Housing sociale, di sviluppo del mattone e di amenità simili. Tutti a far finta di niente e a disquisire di un’ipotetica ripresa del settore immobiliare con la chimera dell’housing sociale come panacea delle diseguaglianze. Ma nessuno che dice la cosa più semplice. Che l’edilizia è un settore in agonia. Perché in un paese dove 87 italiani su 100 posseggono una casa (e 47 la seconda) è da incompetenti prospettare uno sviluppo economico sulle macerie di un settore ormai assolutamente saturo.
 
Per sessant’anni ci hanno riempito la testa assicurandoci che l’investimento immobiliare fosse l’unico sicuro, l’unico in grado di garantirci un futuro sereno. Grazie a queste convinzioni pochissimi hanno pensato di investire in conoscenza, ricerca, e nello sviluppo di settori economicamente strategici o esportabili. Tutti a comprare case, che sono costate sempre di più ma di cui non è assolutamente migliorata la qualità, perché non c’era bisogno di modernizzare un prodotto che si vendeva comunque e a qualsiasi cifra e che tutti erano convinti si sarebbe rivalutato senza nessuna fatica.
 
Mentre negli altri paesi i genitori facevano i mutui per mandare i figli all’università noi gli compravamo (e compriamo ancora) il bilocale.
 E loro si sono seduti nel loro nuovo soggiorno e hanno acceso la televisione: un pezzo del loro futuro era già assicurato. Ma la festa è finita. E allora bisogna avere il coraggio di dire che sperare in uno sviluppo immobiliare non solo è inutile ma anche dannoso. Uno sviluppo solamente presunto che, come lei ricordava, serve solo a valorizzare i terreni degli immobiliaristi che devono inserirne un valore fittizio nei loro bilanci.

 
Il tutto affiancati dalle Banche che a quegli stessi immobiliaristi hanno prestato “i dané” e che hanno tutta la convenienza a tenerli in vita. Morti in permesso, ma sulla carta, solo sulla carta, ancora solvibili. Le stesse banche che si sono arricchite con i mutui che ammanettavano i cittadini per trenta e anche quaranta anni ma che non sostenevano la vera imprenditorialità e lo sviluppo dell’innovazione.
 
Dobbiamo creare le condizioni per permettere agli investitori di indirizzare la loro attenzione su mercati con delle reali prospettive di sviluppo. Guardiamoci negli occhi. Il mattone ci sta seppellendo. In tutti sensi ma, soprattutto dal punto di vista economico. Negli ultimi dieci anni, dati Cresme (Centro Ricerche Economiche Socioli di Mercato per l’Edilizia e il Territorio), si è invertito il rapporto di 80/20 tra nuova costruzione e recupero del patrimonio esistente. Oggi predominano le ristrutturazioni e le riconversioni. E di questo ha bisogno una città come Milano.
 
Non un mq in più, non un mc in più. Ma un recupero e un miglioramento, attraverso anche le demolizioni e ricostruzioni, di un tessuto urbano vivibile, sostenibile, moderno. E di investimenti indirizzati verso tecnologie e settori con una prospettiva futura, supportati dalla vera creatività italiana. Se Milano è il motore italiano, il motore delle idee e dell’innovazione allora dobbiamo incominciare da qui a smontare falsi miti e progettare un futuro in cui la casa sia un bene di consumo necessario, mezzo e non fine ultimo di tutte le nostre attività. E con un reale sviluppo si potrà cercare di dare un tetto ai più, minimizzando le ineguaglianze attuali. Senza parlare di Housing sociale, di cui ne ha svelato il fiato corto Cino Zucchi in una intervista rintracciabile su You Tube.
 
 
Andrea Bonessa
Da ArcipelagoMilano

 

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