IDEE E STORIE D’ALTRI TEMPI. RITORNANO? …

Edouard_Manet_R.jpgLe bar aux Folies Bergere – Edouard Manet

…e credevamo di averle allontanate per sempre. 

Sono al “Café virtuel” seduto, con due amici stranieri da un po’ di tempo in Italia, un tunisino ed un rumeno, a chiacchierare, in attesa dell’ora di cena. Arriva un altro mio amico italiano, del mio stesso paese, con il quale ho condiviso giochi e problemi  dall’infanzia alla maturità. Mi alzo e gli vado incontro. E’ tanto tempo che non ci vediamo e mi fa piacere salutarlo. Lo invito a sedersi con noi e gli presento i miei amici confidando nel fatto che i miei amici potessero divenire anche i suoi.

 

Mi accorgo che non sarà così, perché  scorgendoli e sentendo i loro nomi storce il naso, ma resta seduto accanto a me ed  intavola subito un discorso che in un primo tempo ritengo strano, perchè non mi aspettavo venisse proprio da lui, che avevo sempre ritenuto un uomo mentalmente aperto e disponibile verso gli altri.

 

Mario esordisce dicendo della scarsità del lavoro per gli italiani e sebbene non lo dica apertamente, vuole insinuare che gli stranieri tolgono il lavoro agli italiani. Capisco subito dove vuole andare a parare, e lo interrompo cercando di sviare il suo discorso, ma non c’è niente da fare: è un fiume in piena e sta dilagando.

 

Fortunatamente i miei amici stranieri sono persone pacifiche, non amano la rissa e cercano di rimanere calmi attendendo di poter rispondere.  Mi meraviglio della loro comprensione, se fossi in loro, come minimo,  mi sarei alzato e sarei uscito senza salutare. Loro no, forse perché ospiti in una nazione non loro, restano seduti. Conoscendoli, so bene che non condividono le cose che Mario con foga va blaterando, eppure non lasciando trasparire nervosismo, attendono di poter parlare, per chiarire il loro pensiero.

 

La mia posizione, in mezzo a loro, diventa di moderatore di una discussione che va facendosi animata, ed è una posizione difficile, ma la polemica anche aspra mi è sempre piaciuta e quindi mi butto metaforicamente nella mischia, cercando di mediare le posizioni e di far capire le buone ragioni degli uni e degli altri.

 

Mario sostiene che contro i clandestini debba intervenire l’esercito.

 

Alla domanda:< Per fare che cosa?>  risponde:

 

<Respingendo i clandestini che tentano di approdare con le carrette del mare anche fuori delle acque territoriali, magari affondandole>.

 

Gli chiedo se si rende conto pienamente di  cosa significhi affondare barconi stracolmi di uomini, donne e bambini, che cercano di sfuggire la fame, la miseria e le guerre. Rimane per un attimo perplesso, ma ormai intende mantenere le sue posizioni  e  risponde che non possiamo accogliere i delinquenti e quindi l’Italia non può permettere l’ approdo dei barconi.

 

I miei amici stranieri restano ammutoliti, so che vorrebbero replicare, ma stanno zitti, dando prova di non voler offondere nessuno.

 

Alla discussione intanto partecipano anche altri amici, con i quali condividiamo i momenti di relax.

 

 C’è chi fa notare che l’Italia è fortunatamente un paese europeo e non potrà arrivare a tanto. Chi dice che l’intervento dell’esercito significa la fine della democrazia. C’è chi dice che i giornali riferiscono di affermazioni pesanti, fatte da politici che detengono le leve del potere. Quasi tutti i partecipanti al dibattito si dicono convinti che il Governo non arriverà a tanto e alle parole non seguiranno mai i fatti,  proprio perché l’Italia non è un paese razzista. C’è chi ritiene che ci sia abbastanza materia, da essere preoccupati per le  gravi affermazioni sentite sulla questione sicurezza, che grazie al pompaggio dell’opinione pubblica fatto dai media, è divenuta l’emergenza del paese.

 

 

Ronde di cittadini, il neonazismo di alcuni giovani, l’esercito contro i clandestini e… così via, continua,  fanno pensare ad idee e storie di altri tempi che tutti ritenevano allontanate per sempre e che fanno dichiarare ai paesi più democratici che l’Italia sta scivolando verso il razzismo.

 

 

Il  mio amico rumeno finalmente rompe il suo silenzio e ribatte che  i rumeni  non sono tutti dei criminali. La stragrande maggioranza sono dei lavoratori,  che spesso lavorano in settori dove gli italiani non intendono più lavorare e allora, perché stabilire che tutti sono dei delinquenti?

 

 

E’ la domanda che emerge, alla quale invito a rispondere Mario e  quelli che lo appoggiano. 

Altri rispondono che anche gli emigranti italiani, hanno subito lo stesso trattamento, come delinquenti, nei paesi stranieri dove sono andati a lavorare. Altri ancora dicono che stessa cosa è accaduta ai meridionali, quando si sono trasferiti al nord.

 

 

In contrapposizione c’è chi dice che gli atti di violenza di alcuni o di tanti immigrati in Italia e che magari vengono appoggiati dalle nostre mafie, camorre o mafiette, non depongono a favore degli stranieri e la reazione degli italiani che non si sentono più sicuri è giustificabile e sacrosanta.

 

C’è infine chi attribuisce tutte le colpe ai governanti vecchi e nuovi, che per incapacità o peggio per calcolo, rischiano di far divenire gli italiani razzisti o xenofobi, che è la peggiore delle disgrazie che possa capitare a uomini degni di questo nome.

 

Altri affermano che sicurezza deve significare colpire i delinquenti di qualsiasi nazionalità essi siano, con pene certe. Gli atteggiamenti discriminatori dei diversi e la criminalizzazione di  interi popoli è contro  i diritti universali degli uomini.

 

Il dibattito al “café virtuel”  si è protratto fino a tardi, non è mai degenerato e questo è un segno di maturità. Continuerà ancora, ci auguriamo che resti tale, non violento, e diventi costruttivo di pace, di fraternità fra uomini con culture, tradizioni, religioni diverse, ma in fondo uguali.

 

 

Raimondo Chiricozzi

 

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