Memoria di un ferroviere

da civitanews 

di Alberto Faccia

“era il marzo del 1944 ed ero stato comandato al fascio B di Roma Tiburtina” così inizia il racconto di mio padre Ercole, impresso ormai solo nella mia memoria perché ora mio padre non c’è più.

E’ il racconto di un uomo come tanti che hanno costruito e vissuto la storia del XX secolo. Ma lui era anche qualcosa di più, era un Ferroviere.

Ti senti a pieno Ferroviere quando capisci che il tuo lavoro è un servizio alla collettività e come tale merita tutto il tuo impegno. È allora che i valori, i sentimenti, le emozioni, le esperienze che regolano la tua vita non possono far a meno che accompagnare anche il tuo lavoro.

“gli Alleati sono alle porte di Roma e io mi trovo alla stazione di Roma Tiburtina; assunto da pochi mesi come manovratore a soli 17 anni” continua il racconto di Ercole come lui stesso l’ha narrato durante una cine-intervista alla trasmissione televisiva di Rai Tre “La mia guerra” del maggio 1990.

“erano le ore 15, io e i miei colleghi ci troviamo nella stanzetta di riserva del personale viaggiante quando veniamo comandati per una scorta ad un treno merci.

Attraversiamo i binari e ci rechiamo al fascio B dove è ricoverato il treno. Con rammarico notiamo la presenza di molta Polizia e di soldati della SS tedesca.

Man mano che ci avviciniamo al treno distinguiamo affacciati alle ribalte molta gente che, in quei giorni, si pensava venisse deportata per lavoro.

Arrivati sotto al treno molti ci chiamano, ci chiedono aiuto, chiedono di parlare con i loro cari ma il gran numero di SS e la loro severità ci impediscono di fare qualcosa, siamo impotenti davanti a tanta sofferenza.

Circa 30 minuti dopo il treno parte, direzione nord.

Io seduto nella mia garitta di frenatore penso a come poter aiutare quella gente. L’occasione me la dà una sosta alla stazione di Poggio Mirteto che, bombardata dagli Alleati, è cosparsa di rottami.

Durante la sosta la maggior parte delle SS di scorta rimangono su di un carro al centro del treno e solo quattro di loro scendono a pattugliare il binario.

Scendo dalla mia garitta e vedo ai miei piedi un ceppo di un freno, aspetto che le SS mi passino davanti e voltino le spalle per afferrarlo e nasconderlo nella garitta.

Un’ora dopo il treno riparte, abbasso la ribalta accanto la garitta del freno, e coperto dallo sferragliare del treno inizio a colpire il legno del carro.

Non mi ci vuole molto per creare un buco sufficiente a far passare il ceppo.

Dall’interno del carro una ignota mano si allunga e lo afferra.

Suggerisco a quelle persone di fare un foro nel pavimento in legno del carro facendo attenzione al rumore. Gli raccomando poi di approfittare dell’oscurità e dei rallentamenti del treno, dovuti alle salite o alla linea disastrata, per calarsi sui binari e disperdersi nelle campagne.

Passo lunghi momenti di ansia ma grande è la mia soddisfazione quando a pochi chilometri dalla stazione di Orte vedo da sotto i respingenti iniziare a passare uno a uno i deportati del mio carro in fuga verso la libertà.”

Nel febbraio del 1994, Ercole viene invitato a raccontare nuovamente questo suo episodio di solidarietà alla trasmissione televisiva di Rai Tre “All’ultimo minuto”.

Scopo dei giornalisti, trovare riscontri alla sua vicenda: trovano invece la prova di come la nostra storia sia fatta anche di piccoli e grandi gesti di solidarietà fra gente comune.

Come figlio, sono stato orgoglioso di sentire in diretta la testimonianza di un uomo che ha riconosciuto nella storia di Ercole quanto suo padre, ormai scomparso, ha sempre raccontato del suo salvataggio dalla deportazione e di come ha trasmesso ai figli la riconoscenza per quella sconosciuta persona che gli ha permesso di avere un futuro e una famiglia.

Come ferroviere, sono stato orgoglioso di sentire un anziano signore, presente su quel carro, che alla domanda del giornalista “lei ha visto in faccia il signor Ercole ?” ha risposto in lacrime: “No, ho visto solo una mano e ascoltato una voce. Per me la persona che mi ha salvato era e sarà sempre un Ferroviere”.

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