L’Unione Europea e il diritto d’asilo

da Programma integra 
 
L’analisi del fenomeno dell’asilo in Italia e le sue evoluzioni non possono prescindere dall’appartenenza del nostro Paese all’Unione Europea e al sistema di norme e regolamenti al quale, in virtù di tale partecipazione, deve conformarsi.
A partire dagli anni novanta si assiste in tutto il vecchio continente ad un ampio incremento degli arrivi di richiedenti asilo a seguito dei tragici avvenimenti nell’Africa Subsahariana (Ruanda, Sierra Leone, Repubblica Democratica del Congo), dei conflitti balcanici e dei regimi totalitari del Golfo persico. 
A livello nazionale ed europeo i Paesi avvertono l’urgenza di ridefinire ed attualizzare il quadro di protezione degli esuli, trascorsi ormai cinquant’anni dalla sottoscrizione della Convezione di Ginevra e alla luce di importanti trasformazioni nel panorama internazionale che non possono essere “incasellate” negli stringenti parametri fissati dalla Convenzione in materia di riconoscimento dello status di rifugiato e di soggetti beneficiari della protezione.
Ma la “Fortezza Europa” negli stessi anni alza nuovi muri per fronteggiare i massicci flussi migratori che prendono le mosse dalle ceneri del blocco socialista e avvia una politica di rigido controllo delle frontiere esterne dell’Unione, nelle cui trame finiscono per cadere irrimediabilmente anche coloro che cercano riparo in Europa da persecuzioni e morte.
Le politiche dell’asilo e dell’immigrazione restano per anni di competenza esclusiva degli Stati membri che strenuamente difendono la propria sovranità in materia di ingresso e soggiorno dei cittadini stranieri sul territorio nazionale, addivenendo a convenzioni e risoluzioni che fissano obblighi minimi e lasciano ampio spazio di autonomia con l’inserimento di clausole e riserve.
Primo e fondamentale tassello nel processo di definizione di discipline comuni è la sottoscrizione nel 1990 della Convenzione di Dublino (entrata in vigore soltanto sette anni dopo) nella quale si fissano i criteri per l’individuazione dello Stato membro responsabile per il trattamento della domanda d’asilo, in risposta alla dilagante pratica dell’“asylum shopping”, consistente nella scelta del paese dove presentare richiesta d’asilo a seguito dell’ingresso nell’Unione Europea attraverso un altro stato membro. 
E’ nel 1999 che avviene la svolta decisiva, anche se a distanza di anni si rivelerà più sulla carta che nei fatti, in materia di immigrazione ed asilo: tali politiche saranno infatti di esclusiva competenza comunitaria e si avvierà un progressivo processo di armonizzazione delle legislazioni nazionali per prevedere in tutti gli Stati membri discipline analoghe e convergenti.
Nell’ottobre dello stesso anno infatti, i Governi a conclusione dei lavori del Consiglio europeo di Tampere, fissano un ambizioso programma politico diretto alla creazione di un regime comune di asilo che trovi le sue garanzie istituzionali all’interno dello spazio di “libertà e giustizia” sancito dal Trattato di Amsterdam, da attuarsi entro 5 anni dall’entrata in vigore del Trattato. 
Tra i punti chiave del programma di armonizzazione: determinazione dello Stato membro responsabile per la domanda d’asilo, stesura di norme minime riguardanti le procedure, l’accoglienza dei richiedenti, la qualifica e il contenuto dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, tutti tasselli imprescindibili per l’elaborazione di una comune procedura d’asilo e di uno status di beneficiario di protezione internazionale uniforme e valido in tutta l’Unione. 
I fatti internazionali ed interni, le recessioni economiche, l’allargamento progressivo dell’Unione a nuovi Stati membri e la ridefinizione degli equilibri in seno alle Istituzioni europee, hanno contribuito all’arroccamento di molti Paesi su posizioni di scarso dialogo e chiusura ad ipotesi di ridefinizione organica della normativa nazionale (si ricorda peraltro che l’Italia è l’unico Stato a non presentare una disciplina ad hoc, requisito che è invece imposto tra le condizioni per l’adesione all’Unione Europea di nuovi Stati). 
Alla luce di quanto suddetto debbono leggersi i testi adottati negli ultimi anni in materia, in larga misura con poche e frammentarie aperture e la perdurante ampia discrezionalità degli Stati membri nel legiferare in materia di asilo, tendenza che mal si sposa con l’ambizioso obiettivo della Commissione Europea di giungere entro il 2010 alla realizzazione di una completa armonizzazione del sistema asilo nell’UE.
Il panorama attuale non è di certo incoraggiante ma al contempo la necessità di un’organica ed efficace disciplina che regoli non soltanto le questioni inerenti l’iter del riconoscimento dello status di rifugiato, ma quella dell’individuazione e della protezione di altre categorie (in particolare i titolari di protezione sussidiaria), la loro accoglienza, assistenza e la previsione di politiche di integrazione che permettano il reale inserimento degli asilanti nei paesi di arrivo si rende sempre più urgente.
E’ necessario pensare a queste persone nella loro complessità e non soltanto in quanto meri portatori di diritti fondamentali, parlare di più di dignità, rispetto dell’altro, valore della vita: è anche e soprattutto su questo che i rifugiati chiedono risposte concrete ai paesi e al contempo politiche europee ed internazionali volte a salvaguardare i diritti dell’uomo e a favorire la risoluzione dei conflitti nei paesi di origine funestati da persecuzioni, violenza e violazioni delle libertà fondamentali.

 

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