Discutere la Campagna 2

da Agricoltura contadina 

Discutere la Campagna

La campagna popolare in questo momento è una petizione per una legge. Ciò significa che la prima azione è quella di fare delle richieste precise, poche, ma circostanziate, per porre delle basi legali, oggi inesistenti, per far rinascere la campagna a partire dai suoi contadini e contadine. Ma la petizione non è la meta, non è il fine, non è il punto di arrivo ma rappresenta il punto di partenza. E perché questa campagna possa essere veramente popolare occorre parlarne in tanti, farne parlare e parlarne assieme a tutti coloro che del popolo si considerano parte. I luoghi migliori per l’esercizio della parola saranno gli incontri fisici e personali, quelli che organizzaremo di tanto in tanto in giro per l’Italia e che saranno riportati nelle notizie. Ma anche qui sul sito la discussione può prendere forma scritta.

 

In questa sezione del sito i punti della petizione sono riportati pagina per pagina e sotto di essi è possibile aprire, a tutti, anche ai non iscritti, un commento al punto in questione. Può essere un commento positivo o critico, possibilmente costruttivo, di quel specifico punto. E i punti che non ci sono e che vorresti vedere nella petizione? Non ora e non in questa petizione, che ormai è fissata e chiusa. Ma nella prossima, che potrebbe essere formulata dopo che qualche legge abbia accolto le prime richieste. Se hai idee concrete per i punti della prossima petizione allora non usare questa sezione ma vai a Di la tua .

Se vuoi leggere il comunicato stampa completo della campagna clicca qui

 

Sfoglia ora le pagine dei punti della petizione usando il menu a sinistra e troverai il sistema di commenti alla fine dell’articolo. Se vuoi eventualmente iscriverti al sito clicca qui.

 

 

da circolo vegetariano

Agricoltura Contadina – La vendita delle terre di proprietà pubblica deve essere fermata!

Si sono venduti l’energia, i trasporti, gli acquedotti, gli immobili, le strade e adesso si vendono pure la Madre.
Un paese che vende le terre agricole pubbliche rinuncia definitivamente alla propria Sovranità Alimentare.
Non è con la vendita ma con una progettazione sana e lungimirante di valorizzazione del patrimonio che si costruisce un’economia sana e si protegge il territorio da devastanti speculazioni.

Forse non tutti sanno che l’art.7 della legge del 12 novembre 2011 programma in tempi rapidi l’alienazione(vendita) dei terreni agricoli demaniali. La fine arguzia degli emendamenti apportati dal più recente Decreto Monti è addirittura peggiorativa estendendo il provvedimento ai terreni “a vocazione agricola”.

Eccoci dunque arrivati a quella che potrebbe essere l’ultima tappa di un oscuro cammino iniziato 2 decenni fà circa, un processo di svendita dei beni pubblici a privati in nome di una più efficente gestione, come se la logica del profitto privato avesse mai reso dei servigi alla collettività. Si sono venduti l’energia, i trasporti, gli acquedotti, gli immobili, le strade e adesso si vendono pure la Madre: si vogliono vendere la terra in un contesto internazionale dove stà crescendo a ritmo costante il fenomeno denominato Land Grabbing, l’accaparramento di terreni agricoli da parte di soggetti economicamente forti (paesi in forte crescita e multinazionali). Ecco quindi chi sono i veri destinatari di questa manovra, non certo i giovani imprenditori agricoli di cui parla il comma 2: “…al fine di favorire lo sviluppo dell’imprenditorialità agricola giovanile è riconosciuto il diritto di prelazione ai giovani imprenditori agricoli.” Garantire l’accesso alla terra ai giovani o a chiunque voglia lavorarla non vuol dire garantirne la proprietà e la compravendita – meccanismo questo che per un giovane agricoltore comporta l’indebitamento con le banche – bensì elaborare una serie di normative che favoriscano e sostengano chi vuole iniziare un’attività agricola mettendogli a disposizione l’uso agricolo della terra garantito contro ogni possibile speculazione.

Proseguendo invece nella lettura del comma 2, che con tanto nobili propositi era cominciato, si legge: “Nell’eventualità di incremento di valore dei terreni alienati derivante da cambi di destinazione urbanistica intervenuti nel corso del quinquennio successivo alla vendita, è riconosciuta allo Stato una quota pari al 75% del maggior valore acquisito dal terreno rispetto al prezzo di vendita.” Quindi lo stato si limita a disincentivare il cambiamento d’uso dei terreni per soli 5 anni senza altra garanzia di salvaguardia ambientale; anzi considera possibile un loro cambio di destinazione già nel primo quinquennio successivo alla vendita.
Concludendo questa lettura troviamo lapidario il comma 5: “Le risorse nette derivanti dalle operazioni di dismissioni di cui ai commi precedenti sono destinate alla riduzione del debito pubblico.” Le risorse nette derivanti equivarrebbero a circa 6 miliardi di euro, una goccia nel mare del debito (circa 1800 miliardi) quando il costo stimato delle opere per la TAV in Val di Susa è di 20 miliardi! Con il risultato di essersi sbarazzati del patrimonio senza tappare alcun buco di bilancio.

A questo punto sentiamo l’urgenza di dire che un paese che vende le terre agricole pubbliche è un paese che rinuncia definitivamente alla propria Sovranità Alimentare, è un paese che mette con prepotenza l’interesse privato al di sopra del bene comune, è un paese che non saprà come raccontare ai propri figli che si è venduto la terra in nome del bilancio finanziario.

La vendita delle terre dello stato deve essere fermata!

Ridiscutiamo, invece, le modalità di gestione delle terre agricole di proprietà degli enti pubblici!

Noi rete delle associazioni contadine proponiamo che le terre di proprietà pubblica individuate in base all’art. 7 della legge di stabilità siano oggetto non di vendita ma di nuovi piani di allocazione:
-che ci si indirizzi verso affitti di lunga durata a prezzi equi a favore di agricoltori o aspiranti tali, sulla base di progetti che escludano attività speculative.
-si favorisca l’agricoltura contadina di piccola scala,che è l’unica che può sfamare il mondo senza causarne il dissesto, ma anzi arricchendolo e preservandone la biodiversità seguendo le richieste della Campagna per l’Agricoltura Contadina http://www.agricolturacontadina.org/ .
-si prediligano progetti di cohousing, cioè di condivisione solidale dei beni e delle risorse, perchè la buona agricoltura è quella fatta con tante braccia pensanti e con poche macchine.
-si individuino nelle associazioni dei consumatori organizzati i soggetti mediatori tra le istituzioni e le realtà contadine che andrebbero a insediarsi.
-si renda possibile la costruzione con materiali naturali di abitazioni rurali a bassissimo impatto ambientale come legno e paglia, ma totalmente vincolate all’attività agricola. Questo perchè chi lavora la terra deve anche poterla abitare.

Rete delle Associazioni per l’Agricoltura Contadina
Con l’adesione di Circolo Vegetariano VV.TT.
e Rete Bioregionale Italiana

P.S. Di quersto argomento se ne discuterà ancora durante l’Incontro Collettivo Ecologista previsto a Aprilia (presso il podere del vetiver) dal 22 al 24 giugno 2012, in occasione del Solstizio Estivo

Info: Paolo D’Arpini
circolo.vegetariano@libero.it

 

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